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Riarmo Ue, il voto di Strasburgo divide il Pd: adesso c’è chi pensa a un congresso

La delegazione del Pd si è divisa durante il voto al Parlamento europeo sulla risoluzione che accoglie il riarmo dell’Unione europea: 11 astenuti e 10 favorevoli. La Difesa europea, quindi spacca il Pd ed è una frattura politica. La prima così evidente nella gestione di Elly Schlein, da quando, due anni fa, vinse a sorpresa…

La delegazione del Pd si è divisa durante il voto al Parlamento europeo sulla risoluzione che accoglie il riarmo dell’Unione europea: 11 astenuti e 10 favorevoli. La Difesa europea, quindi spacca il Pd ed è una frattura politica. La prima così evidente nella gestione di Elly Schlein, da quando, due anni fa, vinse a sorpresa le primarie contro Stefano Bonaccini. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì.

Il punto della segretaria

Dopo il voto, la segretaria ha tenuto il punto, confermando le “molte critiche” avanzate su ReArmEu: «Quel piano va cambiato» e per farlo «continueremo a impegnarci ogni giorno», ha detto Schlein. Ma l’onda polemica del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa per la prima volta dopo tanto tempo la parola magica: “congresso”. Il primo a chiedere assise straordinarie per il partito è stato l’ex presidente dei senatori e padre nobile del Pd, Luigi Zanda. Mentre l’attuale titolare del gruppo a Palazzo Madama, Francesco Boccia, tenta di ridurre la discussione futura a «un necessario chiarimento».

La contesa interna al Pd

Intanto la contesa all’interno del partito si accende. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, e tra le più determinate a sostenere il piano di riarmo alza il tiro: «Da sempre i segretari si sono confrontati con le delegazioni del Pd, e anche i pre-vertici europei erano l’occasione per un confronto sulle urgenze. Da molto tempo assistiamo, invece, ad un atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente che porta inesorabilmente a divisioni e spaccature», afferma l’esponente campana puntando il mirino contro Schlein.

Le voci critiche, però, si moltiplicano: «Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione», chiede l’ex ministra Marianna Madia a cui si uniscono Piero Fassino e Lia Quartapelle, esperta di esteri. E se nell’area Schlein Laura Boldrini blinda la segretaria: «non è il momento di alimentare divisioni», Gianni Cuperlo, premettendo che «sostengo la segretaria», annota che «si faccia la discussione nelle forme e con la rapidità necessarie». Andrea Orlando, invece, con un bizantinismo d’altri tempi, chiede che «si faccia un congresso tematico».

L’ipotesi Paolo Gentiloni

Questo mentre sullo sfondo in tanti si stanno coagulando intorno alla figura di Paolo Gentiloni. L’ex premier e commissario europeo da tempo è tirato per la giacca dalle anime antiElly. Per ora lui tace, ma le parole del fondatore del Pd, Romano Prodi: «non c’è contrasto tra amare la pace e preparare la difesa», suonano ben più come un campanello d’allarme al Nazareno dove adesso bisognerà trovare inevitabilmente una exit strategy per superare un assedio che ha tutto le caratteristiche di essere appena iniziato.

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