Sono cinque i quesiti referendari sulla giustizia per i quali si voterà domenica 12 giugno, dalla separazione delle funzioni per i magistrati alla legge Severino, fino ai limiti alla custodia cautelare. Due di questi riguardano più strettamente il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura: le regole per le candidature e le valutazioni dei magistrati.
Il referendum numero 1 (scheda rossa) riguarda l’abrogazione, cioè l’annullamento, del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Chiede agli elettori se intendono eliminare le disposizioni che prevedono l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per chi è stato condannato in via definitiva per alcuni tipi di reato, dalla mafia al terrorismo a quelli contro la pubblica amministrazione. Con il “Sì”, dovrà essere il giudice a decidere se, in caso di condanna, occorra infliggere anche la pena dell’interdizione dai pubblici uffici. Chi si oppone, ritiene che non vada annullato un testo che rappresenta il più ampio intervento in materia di lotta alla corruzione degli ultimi anni.
Il quesito numero 2 (scheda arancione) interviene sulla limitazione delle misure cautelari, con l’abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari ed esigenze cautelari, in un processo penale. Allo stato, la carcerazione preventiva può essere disposta nei casi in cui si ritenga possibile rischio di inquinamento delle prove, di fuga e il “concreto ed attuale pericolo” di reiterazione del reato. Il quesito referendario chiede di limitare i casi in cui può essere disposta la misura cautelare per rischio di reiterazione. Chi sostiene il “Sì” intende abrogare l’ipotesi di reiterazione per alcuni reati che prevedono pene minori e per il reato di finanziamento illecito dei partiti. Chi è per il “No” sottolinea che il codice già prevede dei limiti, poiché il carcere come misura cautelare è possibile per reati che prevedono la reclusione non inferiore a cinque anni.
Con la scheda di colore giallo (referendum 3), gli elettori sono chiamati a esprimersi sulla separazione delle funzioni dei magistrati. Il quesito chiede l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono a un magistrato di passare dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice, e viceversa. Al momento sono possibili quattro passaggi di funzione nell’arco della carriera. Se passa il “Sì”, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, e mantenere quel ruolo per tutta la carriera, con l’obiettivo di distinguere nettamente chi giudica da chi accusa. Chi è per il “No” sostiene che così si introdurrebbe di fatto la separazione delle carriere senza modificare la Costituzione.
Con la scheda grigia (referendum n. 4) si è chiamati ad esprimersi sul sistema di valutazione dei magistrati, una prerogativa riservata al Csm, che decide anche sulla base di valutazioni espresse dai Consigli giudiziari a livello territoriale. Il quesito riguarda la “partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte”. Il “Sì” mira a consentire il voto dei laici – avvocati e professori – che siedono nei consigli giudiziari anche su queste deliberazioni, per ottenere giudizi più oggettivi sull’operato dei magistrati. Chi è per il “No” sostiene che sia inopportuno il giudizio degli avvocati su chi nel processo rappresenta la loro controparte.
Il referendum 5 (scheda verde) interviene sul meccanismo di selezione dei magistrati candidati alle elezioni del Csm. Il quesito riguarda la “abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura”. Propone di cancellare la norma che stabilisce che ogni candidatura per l’elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura sia sostenuta da un minimo di 25 e un massimo di 50 presentatori. L’obiettivo è arrivare a candidature individuali dei magistrati, senza il supporto preventivo di altri colleghi, per limitare il peso delle correnti. Chi si oppone mette in dubbio che questo basti a ottenere cambiamenti rilevanti.