Dal rapporto del Servizio Studi della Camera sulla politica di coesione in Italia emerge una verità acquisita dalle statistiche e dall’attuazione dei programmi di sviluppo: sono le Regioni più sviluppate (sostanzialmente del Nord) quelle che riescono ad utilizzare al meglio i fondi strutturali europei, mentre quelle meno sviluppate, dove le risorse dovrebbero essere più necessarie, sfruttano le disponibilità con meno efficacia.
I rilievi statistici
Facendo riferimento alla programmazione 2021-2027, i due Fondi strutturali (Fesr e Fse+) che più degli altri attuano la politica di sviluppo regionale, ammontano a circa 72,7 miliardi di euro, programmati per categorie di Regioni (più sviluppate, in transizione e meno sviluppate), mediante programmi nazionali e programmi regionali, dove Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia hanno impegnato il 16,2% delle risorse nei programmi nazionali e molto meno, l’8,3%, di quelle regionali.
La situazione
A livello nazionale, in riferimento allo stato di avanzamento degli impegni, si è raggiunto il 18,2% e quello dei pagamenti si attesta al 5,1%. Ma le Regioni più sviluppate viaggiano a ritmi decisamente accelerati rispetto a quelle meno con Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta che hanno impegnato il 18,6% dei programmi nazionali e il 32,9% di quelli regionali, spendendone rispettivamente lo 0,6% e l’11,1%, con una forte spinta a livello locale. Invece, per Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia le percentuali di pagamento sono in questo caso rispettivamente del 3,7% e 2,8%.
Infine, le Regioni in transizione, ovvero Abruzzo, Marche e Umbria, registrano un avanzamento degli impegni pari al 16,2% per i programmi nazionali e del 26,4% dei programmi regionali, con pagamenti di appena lo 0,1% nel primo caso e del 5,6% nel secondo.