«Posti ai boss in cambio di voti»: il metodo dell’ex consigliere FdI di Palermo Mimmo Russo

Mimmo Russo, ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia di Palermo, è stato arrestato nell’ambito di un’operazione antimafia dei carabinieri del comando provinciale insieme ad altre due persone.

Il blitz è avvenuto ieri. Russo si sarebbe adoperato in favore dell’approvazione di una variante al Piano regolatore cittadino, «tesa a modificare da “verde agricolo” ad “area commerciale” la destinazione dei terreni sui quali avrebbe dovuto sorgere un centro commerciale».

Secondo l’accusa, come contropartita avrebbe ottenuto un «cospicuo numero di assunzioni» nella struttura, posti, spiegano gli investigatori dell’Arma, da «promettere a soggetti legati alla criminalità organizzata, in cambio del sostegno elettorale dell’organizzazione mafiosa».

L’inchiesta, infine, ha ricostruito «la promessa ottenuta dal politico di un pacchetto di assunzioni» in una società che si occupa della grande distribuzione alimentare, in cambio di «agevolazioni negli uffici del comune di Palermo e di un incarico di sottogoverno da attribuire a un rappresentante della stessa società commerciale».

Chi è Mimmo Russo

Mimmo Russo è stato in consiglio comunale a Palermo per oltre 20 anni: è passato da Alleanza Nazionale, al Mpa, da Azzurri per l’Italia al movimento Palermo 2022 che sosteneva Leoluca Orlando, fino ad approdare a Fratelli d’Italia con una foto che lo ritrae nel 2019 insieme alla leader Giorgia Meloni.

Sindacalista, votato anima e corpo alla causa dei precari della pubblica amministrazione che erano per lui un bacino elettorale importante, è finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

L’inchiesta dei carabinieri e della Dda di Palermo si è avvalsa delle dichiarazioni di una decina di pentiti e numerose intercettazioni che svelano i legami pericolosi e gli interessi illeciti dell’ex consigliere.

Gli atti dell’ultima indagine palermitana sui rapporti tra mafia e politica finiranno anche alla commissione Antimafia che ha chiesto le carte ai pm del capoluogo e a quelli di Bari e Torino che stanno facendo accertamenti su altri casi di voto di scambio.

Insieme all’esponente di FdI, sospeso dal partito, sono coinvolti nell’indagine il figlio dello spietato killer di Cosa nostra Filippo Marchese, Gregorio, “costola” di Russo, dice il gip, e suo grande sponsor, e Achille Andò, faccendiere massone e consulente di società edilizie interessate a realizzare un centro commerciale nella borgata palermitana di Roccella.

Secondo gli inquirenti, per anni l’ex consigliere avrebbe utilizzato per i propri interessi la funzione pubblica inquinando le campagne elettorali, comprando voti da Cosa nostra, condizionando procedimenti amministrativi per favorire amici.

In cambio dell’appoggio elettorale, Russo avrebbe promesso e procurato posti di lavoro a mafiosi e a loro familiari.

Dall’inchiesta è venuto fuori anche che l’ex consigliere avrebbe messo a disposizione il proprio ufficio Caf per l’affidamento in prova ai servizi sociali di diversi condannati per mafia che, grazie al suo aiuto, sarebbero così riusciti a lasciare il carcere.

Oltre alle assunzioni ai mafiosi Russo avrebbe dato soldi e buoni benzina poi usati dai clan per comprare il consenso in quartieri come lo Zen e il Borgo Vecchio, assicurando così a Cosa nostra di fatto il controllo delle elezioni comunali e regionali.

Da presidente della Commissione urbanistica al consiglio comunale di Palermo si sarebbe poi messo a disposizione per soddisfare interessi di persone vicine alla mafia, dando alle cosche il controllo di concessioni, autorizzazioni e appalti.

Per le comunali del 2022, in cui non riuscì a salire a Palazzo delle Aquile, si sarebbe inoltre fatto promettere, con la mediazione di Gregorio Marchese, un pacchetto di voti da Achille Andò. In cambio gli avrebbe assicurato che, una volta eletto al consiglio comunale, si sarebbe speso per l’adozione di provvedimenti amministrativi in favore delle due società per cui lavorava, la Building Plot srl e la Building interessate a realizzare il centro commerciale a Rocella.

«Io sono il masaniello oppure Giovanna D’Arco, quindi lo Stato è contro il popolo e io con il popolo», diceva Gregorio Marchese non sapendo di essere intercettato. A Russo, parente del boss del Borgo Vecchio Franco, detto Diabolik, Marchese era legatissimo. Parlando dell’interessamento suo e del politico di Fdi all’ippodromo, che era per loro una sorta di stipendificio, diceva: «noi lo facciamo solo per filantropia, per amore verso la città». E anche sulla gestione dell’ippodromo ora indaga la Procura.

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