Il piano per creare 60mila nuovi posti letto universitari entro giugno 2026 attraverso i fondi del Pnrr si allontana. L’Unione degli studenti universitari (Udu), nel report “È tutto sbagliato“, segnala solo 11.623 posti approvati, la maggior parte in strutture esistenti e private (solo 2.959 nuove costruzioni).
Il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, in un recente question time alla Camera, ha dichiarato che al 26 febbraio il numero di posti letto realizzati o in fase di realizzazione ammonterebbe a 22.200, ma la sostanza non cambia: il target Ue appare irraggiungibile.
Costi elevati e scarsa partecipazione pubblica
Il Pnrr copre solo 20mila euro a posto letto, contro un costo medio di 90mila. Molti enti pubblici non partecipano ai bandi per l’insufficienza dei fondi. I privati non sempre rispondono alle necessità del fondo. A Milano, ad esempio, non sono pervenute proposte di convenzionamento a tariffe calmierate.
Attualmente, su 900mila studenti fuori sede, solo 46.193 hanno un posto letto e solo il 5% è pubblico. A fine Pnrr, la copertura pubblica stimata sarebbe del 5,5%.
Vincoli temporanei e disparità territoriale
Solo il 2% dei posti letto finanziati dal Pnrr è pubblico (95% privati, 3% istituti ecclesiastici). I posti riservati agli enti per il diritto allo studio (30%) hanno tariffe agevolate solo per 12 anni. Pochi enti pubblici hanno partecipato ai bandi.
Esistono forti disparità territoriali: in Abruzzo (a Chieti e Pescara) solo 163 posti per 16.698 fuori sede; in Liguria (tra Genova, La Spezia e Savona) poco più di mille posti per 12.817 non residenti.
Per Alessandro Santoro, prorettore all’Università Milano Bicocca ed ex team leader del Ministero dell’Economia per la Missione 4 durante la fase di definizione del Pnrr, manca un sistema che privilegi l’interesse pubblico e imponga obblighi ai privati che investono nell’housing sociale. Il mancato raggiungimento degli obiettivi del Pnrr mette a rischio il diritto allo studio.