Caos al carcere di Pescara dopo un suicidio: nella notte un detenuto si è tolto la vita e stamani è scoppiata la rivolta, tra proteste e un incendio. Il bilancio finale è di una dozzina di persone intossicate dal fumo, tra cui anche alcuni agenti di Polizia penitenziaria.
La vicenda riaccende il dibattito sulla situazione delle carceri italiane, anche alla luce degli altri due suicidi in cella registrati nei giorni scorsi in Toscana. I problemi sono iniziati nella mattina di lunedì 17 febbraio, attorno alle 10, e sono probabilmente riconducibili al suicidio avvenuto nella notte.
Non solo un detenuto che è salito sul tetto per protesta, ma anche un incendio appiccato dai reclusi, con il fumo visibile in gran parte della città. Sul posto sono subito intervenuti i Vigili del fuoco e il 118, che hanno operato non senza difficoltà.
Subito intervenuta anche la polizia di Stato, che ha presidiato l’area. Le criticità sono andate avanti per alcune ore: dopo una trattativa nel pomeriggio è tornata la normalità. La vicenda odierna riaccende i riflettori sulle condizioni delle carceri italiane. Quello del carcere di “San Donato” a Pescara è il tredicesimo suicidio in cella in Italia dall’inizio dell’anno.
Tra venerdì e sabato altri due suicidi si sono registrati a Firenze e a Prato. «È un vero stillicidio – afferma Aldo Di Giacomo, del Sindacato di polizia penitenziaria (Spp) – si tratta quasi sempre di persone con una condanna non definitiva, ed è scesa l’età media di chi si toglie la vita in carcere.
E pensare che 19mila detenuti potrebbero uscire se solo fossero informati della possibilità di scontare la pena con altre forme di carcerazione. C’è purtroppo il disinteresse assoluto dell’amministrazione penitenziaria».