Dal 2027 le regole per andare in pensione potrebbero cambiare ancora, ma il governo lavora per evitare un nuovo innalzamento dei requisiti previsto dalla legge Fornero. L’obiettivo è scongiurare l’aumento di tre mesi legato all’adeguamento automatico con l’aspettativa di vita, che porterebbe la pensione di vecchiaia da 67 a 67 anni e 3 mesi, e la pensione anticipata a 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.
L’ipotesi principale in discussione prevede il congelamento dello “scalino” di tre mesi, ma solo per chi ha compiuto 64 anni. In pratica, nel 2027 si continuerebbe ad andare in pensione a 67 anni. Il beneficio, però, non riguarderebbe chi non ha raggiunto questa età, che resterebbe soggetto ai nuovi requisiti contributivi. I tecnici del governo e dell’Inps stimano che il blocco costerebbe circa 1,5 miliardi nel biennio 2027-2028 e 2 miliardi a regime, contro i 3 miliardi dell’adeguamento automatico.
Un’altra possibilità allo studio è l’introduzione di una “finestra” di uscita: un mese in più di attesa nel 2027 e due mesi nel 2028, mantenendo l’età pensionabile a 67 anni fino al 2029. Oggi già è previsto un ritardo di tre mesi tra il raggiungimento dei requisiti e l’erogazione dell’assegno.
Nel frattempo, come riporta il Sole 24 Ore il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon rilancia la sua proposta per consentire ai lavoratori del sistema misto di uscire a 64 anni, utilizzando il Tfr accantonato presso l’Inps per raggiungere la soglia minima di pensione pari a tre volte l’assegno sociale. Durigon propone anche l’adesione automatica alla previdenza complementare per i neoassunti, con possibilità di recesso entro sei mesi. Secondo le stime, la misura interesserebbe circa 450mila lavoratori, per un costo compreso tra 60 e 80 milioni di euro.