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Pandoro gate, chiesti 1 anno e 8 mesi per Chiara Ferragni e l’ex braccio destro Damato

Un anno e otto mesi. È questa la richiesta di condanna che la procura di Milano ha formulato per Chiara Ferragni a processo, con rito abbreviato, con l’accusa di truffa aggravata dall’uso del mezzo informatico in relazione alle operazioni commerciali Pandoro Balocco Pink Christmas (Natale 2022) e Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate (Pasqua 2021 e 2022). A processo oltre all’influencer ci sono anche il suo ex braccio destro Fabio Maria Damato, nato a Barletta e parte del gruppo dal 2017, per il quale è stato chiesto un anno e otto mesi, e il presidente del cda di Cerealitalia, Francesco Cannillo (richiesta un anno). Quest’ultimo, nato a Corato, ha iniziato la sua attività in Puglia con un negozio di detersivi e profumi aperto insieme al fratello.

«Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato». È il senso delle dichiarazioni spontanee rese in aula da Chiara Ferragni che, rivolgendosi al giudice Ilio Mannucci Pacini, ha snocciolato le numerose attività benefiche che l’hanno vista protagonista nel corso degli anni. Un racconto fatto con «grande trasparenza», spiega il difensore Giuseppe Iannaccone, che nella prossima udienza, in programma il 19 dicembre, farà la sua requisitoria: «Spiegheremo il perché di certe scelte e l’innocenza di Chiara».

L’influencer, presente come la scorsa volta in aula, ha concesso solo una battuta ai numerosi giornalisti che l’hanno aspettata per ore: «Sono fiduciosa, non posso dire altro». Il nocciolo del processo è legato ai contratti stipulati tra le aziende di prodotti e quelle riconducibili l’influencer da oltre 28 milioni di follower.

Il caso

Per la procura, Chiara Ferragni avrebbe ingannato i consumatori e avrebbe ottenuto, tramite le due campagne commerciali, un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro, oltre che benefici non calcolabili «dal ritorno di immagine». In particolare, l’operazione Balocco avrebbe indotto «in errore un numero imprecisato di acquirenti» convinti che con il proprio acquisto Pink (al prezzo di 9,37 euro invece di 3,68 euro del prodotto tradizionale) avrebbero finanziato la raccolta fondi a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino. L’accordo, invece, si è rivelato diverso, a dire della procura: le società Ferragni hanno incassato poco più di un milione di euro per pubblicizzare via Instagram l’iniziativa benefica per la quale la società Balocco aveva destinato 50mila euro a favore dell’ospedale, indipendentemente dalle vendite. Un presunto «errore di comunicazione» che si sarebbe verificato anche nel secondo caso contestato.

Per l’accusa, le operazioni con intenti benefici sono state veicolate con messaggi video non chiari capaci di condizionare «in modo ingannevole» il consumatore inducendolo all’acquisto di un prodotto a prezzo maggiorato perché convinto di fare del bene. Nel processo il giudice ha ammesso come parte civile la Casa del consumatore, rappresentata dall’avvocato Aniello Chianese, il quale si è riservato di quantificare il danno per gli acquirenti del pandoro e ha ricordato che «ci sono tantissime mail che dimostrano il ruolo delle società Ferragni e come la vendita sia sempre stata scissa dall’attività di beneficenza con un grave danno per i consumatori».

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