Nuovo colpo di scena nelle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio 1980. La Direzione Investigativa Antimafia ha notificato gli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto, indagato per depistaggio. Secondo la Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, Piritore avrebbe mentito ai magistrati sulla sorte di un reperto chiave: un guanto di pelle marrone, trovato a bordo della Fiat 127 usata dai killer e poi inspiegabilmente scomparso.
Il reperto, descritto nei verbali come “un guanto di mano destra, in pelle scura, davanti al sedile anteriore destro”, poteva rappresentare un elemento decisivo per risalire agli autori del delitto. Ma, secondo l’accusa, Piritore – presente sul luogo del ritrovamento – ne avrebbe impedito il regolare repertamento, sottraendolo alla Polizia Scientifica.
Ai magistrati, sentito nel settembre 2024, l’ex funzionario ha raccontato di aver consegnato l’oggetto all’agente Di Natale, affinché lo recapitasse al sostituto procuratore Pietro Grasso, allora titolare delle indagini. Una versione giudicata “inverosimile e priva di riscontro” dagli inquirenti: nessun verbale di consegna, nessuna prova materiale, e la figura di un presunto tecnico, “Lauricella”, che all’epoca non risultava in servizio.
La Procura contesta a Piritore di aver “posto in essere un’attività volta a disperdere ogni traccia del reperto”, contribuendo così a sviare le indagini su un omicidio che segnò la storia della Sicilia e dello Stato. Nella vicenda spunta anche il nome di Bruno Contrada, ex numero due del Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (Sisde), già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, che sarebbe stato informato della presenza del guanto. Un nuovo, oscuro capitolo che riporta al centro uno dei delitti più simbolici della stagione stragista di Cosa nostra.