Il conflitto in Medio Oriente entra in una fase cruciale, tra nuove mosse diplomatiche e il perdurare della violenza. A Washington, Benjamin Netanyahu ha incontrato Donald Trump per discutere un piano di pace in 21 punti che prevede cessate il fuoco immediato, ritiro graduale dell’esercito israeliano da Gaza, liberazione degli ostaggi entro 48 ore e scambio con oltre mille prigionieri palestinesi.
Il presidente americano ha escluso categoricamente l’annessione della Cisgiordania, avvertendo: «Non lo permetterò». Una presa di posizione che irrita i coloni israeliani ma trova appoggio in Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che condizionano la normalizzazione dei rapporti con Israele all’accettazione del piano. Hamas lo giudica «vago», ma apre a un compromesso in cambio di garanzie solide.
Sul fronte opposto, l’estrema destra israeliana pone paletti durissimi: nessuno Stato palestinese e controllo permanente dell’Idf su Gaza. Ma l’opposizione guidata da Benny Gantz parla di «un’enorme opportunità». Intanto la Casa Bianca lascia filtrare ottimismo: l’accordo sarebbe «molto vicino».
Mentre le diplomazie trattano, la guerra non si ferma. Secondo il ministero della salute di Gaza, nelle ultime 24 ore almeno 50 persone sono morte sotto i bombardamenti, 17 solo questa mattina. Al-Jazeera segnala l’evacuazione forzata dell’ospedale Shifa, mentre i raid colpiscono anche altre strutture mediche.
Parallelamente cresce l’attesa per la Global Sumud Flotilla: 51 imbarcazioni con 500 attivisti, tra cui 40 italiani e quattro parlamentari, stanno navigando verso Gaza per rompere il blocco israeliano. Roma avverte dei rischi «elevatissimi» e prepara contatti di emergenza con Washington e Tel Aviv. Israele definisce l’iniziativa una provocazione.