Con un’ordinanza destinata a fare giurisprudenza, la Corte di Cassazione ha riaperto la possibilità di ottenere risarcimenti per i danni da fumo attivo, accogliendo il ricorso presentato dal Codacons per conto degli eredi di G.V., cittadino di Cuneo deceduto nel 2013 per un tumore ai polmoni dopo 45 anni di consumo quotidiano di sigarette.
Al centro della vicenda, la responsabilità di British American Tobacco e dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, ritenute dagli eredi corresponsabili del decesso. La Corte d’Appello di Torino aveva rigettato la richiesta risarcitoria, sostenendo che la consapevolezza dei danni da fumo fosse già nota al tempo in cui G.V. iniziò a fumare (nel 1968, a 15 anni).
Ma la Terza sezione civile della Cassazione ha bocciato questa impostazione: nella sentenza n. 1662/2025, i giudici sottolineano come la scelta del consumatore non possa automaticamente assolvere chi esercita un’attività pericolosa. Per le attività di questo tipo – come la produzione e il commercio di tabacco – la legge impone un onere di prova molto più stringente: il produttore deve dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno, dall’informazione sui rischi fino alla riduzione delle sostanze nocive.
In particolare, la Corte evidenzia che nel 1968 non esisteva una consapevolezza diffusa del legame tra fumo e cancro. Dunque, non si può attribuire alla vittima una responsabilità piena e consapevole. Spetterà ora alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, riesaminare il caso applicando questi principi. Un successo per il Codacons, che definisce la decisione «una sentenza storica» e invita i familiari di altre vittime del fumo a valutare nuove azioni legali.