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Minacce a Roberto Saviano, confermate le condanne al boss. Il giornalista: «Mi hanno rubato la vita»

La Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne a un anno e mezzo di carcere per il capoclan Francesco Bidognetti e un anno e due mesi per l’avvocato Michele Santonastaso nell’ambito del processo per le minacce rivolte nel 2008 al giornalista Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. Il fatto avvenne durante il processo…
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Sentenza in Corte di Appello per il processo che vede imputato Francesco Bidognetti ed il suo avvocato Michele Santonastaso di minacce al giornalista Roberto Saviano — Roma—Italia — Lunedì14 Luglio 2025 - Cronaca - (foto di Cecilia Fabiano/ LaPresse) The Court of Appeal has issued a ruling in the trial against Francesco Bidognetti and his lawyer Michele Santonastaso for threatening journalist Roberto Saviano. — Rome—Italy — Monday , July 14, 2025 - News - (photo by Cecilia Fabiano/LaPresse)

La Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne a un anno e mezzo di carcere per il capoclan Francesco Bidognetti e un anno e due mesi per l’avvocato Michele Santonastaso nell’ambito del processo per le minacce rivolte nel 2008 al giornalista Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. Il fatto avvenne durante il processo di appello Spartacus a Napoli nei confronti del clan dei Casalesi. Nel procedimento sono parte civile la Fnsi e l’ordine dei giornalisti.

Le reazioni

«Mi hanno rubato la vita». È il commento amaro di Roberto Saviano dopo la pronuncia della sentenza. Saviano ha abbracciato in lacrime il suo legale, Antonio Nobile, e dall’aula è partito un applauso. «Sedici anni di processo non sono una vittoria per nessuno – ha detto lo scrittore – ma ho la dimostrazione che la camorra in un’aula di tribunale, pubblicamente ha dato la sua interpretazione: che è l’informazione a mettergli paura. Ora abbiamo la prova ufficiale in questo secondo grado che dei boss con i loro avvocati firmarono un appello dove – sottolinea Saviano – misero nel mirino chi raccontava il potere criminale. E non attaccarono la politica ma il giornalismo insinuando che avrebbero ritenuto i giornalisti, e fu fatto il mio nome e quello di Rosaria Capacchione. Non era mai successo in un’aula del tribunale in nessun’altra parte del mondo».

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