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Migranti, Coresi (ActionAid): «Fra gli sprechi di Gjader un carcere da 20 posti, mai entrato in funzione» – L’INTERVISTA

Fabrizio Coresi è l’esperto di migrazione di ActionAid che ha coordinato il reporto «Trattenuti - Il costo dell’eccezione. I centri in Albania» con il professor Giuseppe Campesi. Da questo report e su questi dati è nata l’iniziativa di fare un esposto alla Corte dei Conti e fare segnalazioni all’Anac, relativi ai centri di Gjader in…
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Il centro di Gjader in Albania. Nel riquadro Fabrizio Coresi di ActionAid

Fabrizio Coresi è l’esperto di migrazione di ActionAid che ha coordinato il reporto «Trattenuti – Il costo dell’eccezione. I centri in Albania» con il professor Giuseppe Campesi. Da questo report e su questi dati è nata l’iniziativa di fare un esposto alla Corte dei Conti e fare segnalazioni all’Anac, relativi ai centri di Gjader in Albania.

Dopo la decisione del Consiglio Europeo di pubblicare la lista dei «Paesi sicuri», pare che tutto si sbloccherà e i centri off-shore, come quello di Gjader, funzioneranno a pieno regime, almeno così si è espresso il Governo. Lei cosa ne pensa?

«Non è proprio cosi fortunatamente. Intanto quello che è stato approvato nei giorni scorsi a livello europeo deve avere un iter di approvazione e ci riserviamo di commentare la versione definitiva. E’ chiaro che questo sia stato fatto strizzando l’occhio al volere del governo italiano però ci sono alcuni punti critici da guardare, non sappiamo nemmeno quali siano le fonti in base alla quali è stato redatto questo elenco di Paesi sicuri. Questa sicurezza deve essere verificata e quindi l’ultima parola è sempre nelle mani dei giudici».

Sono comunque dei centri che sono costati e costano parecchio. Per esempio i 133 milioni a Medihospes per la gestione di Gjader è una cifra ingente rispetto a quanto prodotto sinora non crede?

«133 milioni spalmati in più anni, ma fanno scalpore anche gli aumenti che si sono registrati, rispetto agli stanziamenti iniziali. Se guardiamo agli allestimenti, per costruirlo erano stati stanziati 39,2 milioni di euro e solo 10 giorni dopo con un decreto, il Pnnr 2, la competenza passa dal ministero della Giustizia a quello della Difesa e le risore vengono aumentate di 25 milioni. Frutto quindi di una mala programmazione. Per esempio abbiamo saputo che si è scelto un posto che non era idoneo alla costruzione che ha comportato di dover inserire pali di cemento armato per realizzare quella struttura con ulteriore aggravio. E’ stata creata un’economia di emergenza nel cantiere, in cui le paghe degli operai erano di molto sovraordinate rispetto a una paga normale di un operaio albanese. Così come altri 15 milioni che vengono presi dal Fondo esigenze indifferibili utilizzato nella gestione delle emergenze».

Si possono individuare almeno 3 filoni di spreco, quello della realizzazione del Centro, quello della gestione e quello relativo al mantenimento del personale, ce ne sono altri?

«Si ad esempio è stato costruito un penitenziario con 20 posti che non ha mai funzionato e ci è costato oltre 1 milione e 200mila euro e non ha mai avuto nessuno all’interno se non la polizia penitenziaria. Poi altre spese relative alla giustizia con un dispendio illogico. Poi le spese di trasporto che sono state affrontate nella prima fase quando si portavano i richiedenti asilo salvati in mare sia dopo quando il governo ha stabilito che ci potessero essere che quelli potevano essere centri per detenere gente che già era detenuta nei Cpr italiani. Poi se per qualsiasi motivo dovesse uscire da questi centri, dovrebbe comunque essere portata in Italia».

Una voce di spesa notevole è quella relativa al personale.

«C’è sia la diaria di missione dei poliziotti che siamo riusciti in parte a monitorare, spendiamo una enormità, per i viaggi, il vitto e l’alloggio. E paragonato con i Cpr italiani si spende 28 volte di più di quello che si spende per esempio a Palazzo san Gervasio».

Quei 133 milioni dati a Medihospes che pare più una multinazionale che una cooperativa sociale a cosa sono serviti?

«Diciamo che è una holding che affonda le radici nel gruppo La Cascina. Quella cifra è l’importo stabilito per un contratto che dovrebbe funzionare a pieno regime, ma qui siamo di fronte a un soggetto gestore che opera senza un contratto formalizzato, da quando si è insediato cioè dall’ottobre 2024 opera in esecuzione anticipata. Dovrebbe avvenire nelle more della stipula del contratto per motivazioni documentate, ma se si vedono gli atti, la motivazione espressa è tautologica, fa riferimento a un’urgenza evidentemente politica, si da riferimento a una generica pubblica utilità di cui non riusciamo a comprendere il senso. Insomma un contratto che non c’è perché ad oggi si è speso molto meno perché questi centri hanno funzionato a singhiozzo, con compresenza massima di 12 persone».

Nonostante questo hanno fatturato.

«Certo sono stati spesi circa 570mila euro. C’è un pagamento che avviene per mantenere la struttura nelal sua funzionalità. Se si vedono le relazioni che sono state portate dall’ente gestore per ottenere i soldi si vede che l’ente gestore ha dovuto sopperire alle falle della pubblica amministrazione che non era riuscita a garantire nulla per il diritto alla salute, ha messo su un ambulatorio e preso un’ambulanza. Tutti servizi che comunque sono stati prestati esclusivamente per operatori della stessa cooperativa o i poliziotti a presidio dei centri. Soldi spesi per una macchina inutile, inumana e inefficiente sulla base del principo di proporzionalità che dovrebbe garantire la pubblica amministrazione».

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