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Migranti, arresti in differita: applicato per la prima volta il decreto sicurezza

Decreto sicurezza, applicato per la prima volta in un Centro di permanenza rimpatri (in sigla Cpr) in Basilicata. La cronaca E’ accaduto l’altro giorno, a Palazzo San Gervasio, quando 9 migranti sono saliti sui tetti della struttura, hanno incendiato materassi, lanciato sassi per protestare e ricordare Oussama Darkaoui, giovane marocchino morto un anno prima all'interno…
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Decreto sicurezza, applicato per la prima volta in un Centro di permanenza rimpatri (in sigla Cpr) in Basilicata.

La cronaca

E’ accaduto l’altro giorno, a Palazzo San Gervasio, quando 9 migranti sono saliti sui tetti della struttura, hanno incendiato materassi, lanciato sassi per protestare e ricordare Oussama Darkaoui, giovane marocchino morto un anno prima all’interno della struttura per motivi non ancora chiariti. All’esterno dell’edificio l’associazione Lucana “No Cpr” aveva organizzato una manifestazione pacifica. Ma la tensione è salita, dopo poco, i migranti presi dalla rabbia hanno inscenato la protesta. Alcuni sono stati arrestati subito, altri 48 ore dopo, poi processati per direttissima e ieri rilasciati.

I disordini sono avvenuti il 5 agosto scorso, gli arresti di 5 dei 9, successivamente, come previsto dal Decreto sicurezza 2025, diventato legge, con il voto del Senato, lo scorso 4 giugno tra non poche polemiche da parte del centrosinistra.

Che cosa prevede la legge

L’arresto in flagranza differita, applicato in questo caso, consente di arrestare, entro 48 ore, le persone che sono accusate di aver commesso alcuni tipi di reato, ma che, pur colte sul fatto grazie a foto o video, non possono essere immediatamente arrestate per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica. E’ accaduto così che a Palazzo San Gervasio hanno riconosciuto i migranti in protesta e li hanno arrestati.

Capi d’imputazione

Anche i capi di imputazione presentano delle novità: tra questi c’è infatti danneggiamento e rivolta, proprio in base al nuovo reato introdotto dal decreto sicurezza, che punisce le proteste degli stranieri nei Cpr con la reclusione da uno a quattro anni.

La storia

Nella struttura la tensione è ora alle stelle. La morte del giovane migrante non è stata dimenticata, ad oggi (un anno dopo) è ancora oggetto di indagine da parte della Procura. Oussama Darkoui aveva solo 22 anni era da qualche mese nel Cpr di Palazzo San Gervasio, dopo aver viaggiato per l’Europa. Fu trovato morto nello spazio antistante la struttura dai suoi compagni. La direttrice affermò che aveva un problema psichico, aveva ingoiato chiodi e pezzi di vetro. Le prime informazioni diffuse dicevano che Oussama Darkaoui fosse morto dopo un tentativo di suicidio, ma un anno dopo, nuovi documenti pubblicati dal Corriere della Sera smentirono quella ricostruzione. Darkaoui era trattenuto da due mesi, nel Cpr, ed era come impazzito, a detta della direzione, in realtà è stato provato che mai era stato ricoverato per tali problemi. Subito dopo la sua morte fu aperta una inchiesta dalla Procura, non ancora chiusa. Anche perchè la madre del ragazzo parlando con alcuni dei giovani che erano con lui, aveva saputo che era stato picchiato selvaggiamente. Tutto questo non è stato mai accertato, certo è che per quella storia il Tavolo Asilo con parlamentari ed associazioni qualche mese fa ha fatto una visita ispettiva, nulla è stato raccolto sulla morte del giovane, ma sono state denunciate le condizioni igienico sanitarie in cui i migranti sono costretti a vivere. Da quel giorno non è accaduto più nulla. Poi la protesta del 5 agosto scorso e il pugno duro del governo, con l’applicazione alla lettera del decreto sicurezza, ma la tensione nel Cpr è altissima.

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