Mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ulivi attraverso pratiche agricole innovative che sfruttano i benefici delle comunità microbiche presenti nel suolo e nelle radici, soprattutto in condizioni di siccità.
Questo è l’obiettivo dello studio Enea pubblicato su Applied Science e condotto in collaborazione con il Cnr -Ibbr e le università di Milano, Torino e Tuscia, nell’ambito del progetto di cooperazione internazionale BIOMEnext1. «L’ulivo è stato scelto come specie modello per sviluppare un sistema colturale innovativo, rappresentativo dell’agricoltura mediterranea che è sempre più minacciata dal fenomeno della siccità», spiega il responsabile del progetto per Enea Gaetano Perrotta, ricercatore del laboratorio di Bioeconomia circolare rigenerativa.
Il monitoraggio
«Con questo studio – aggiunge – abbiamo voluto analizzare la resilienza e l’adattamento funzionale dei microrganismi presenti nelle radici e nel suolo (la rizosfera2) di quattro cultivar di ulivo, confrontando piante irrigate e sottoposte a siccità, in diverse stagioni dell’anno».
In particolare, i ricercatori si sono occupati del monitoraggio e della caratterizzazione del microbioma che vive nel terreno intorno alle radici, con l’obiettivo di identificare marcatori di stress o di resistenza associati a condizioni di aridità. «Abbiamo osservato che nel suolo i microrganismi rimangono abbastanza stabili anche in condizioni di scarsità idrica, grazie al fatto che molte specie svolgono funzioni simili. Nelle radici, invece, le comunità microbiche cambiano notevolmente: la pianta seleziona i batteri che la aiutano a resistere meglio alla mancanza d’acqua», spiega il coautore dello studio Andrea Visca, biotecnologo del laboratorio Enea Innovazione delle filiere agroalimentari.