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Meloni indagata: «Difenderò l’Italia, vado avanti». Camere bloccate, l’opposizione vuole chiarezza

L’iscrizione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Roma, sulla vicenda Almasri, insieme ai ministri dell’Interno, Matteo Piantedosi, e della Giustizia, Carlo Nordio, resa nota martedì dalla stessa premier, è ancora al centro del dibattito politico e i toni non sembrano smorzarsi.

È proprio Meloni che, di buon mattino, rilancia con una dichiarazione tutt’altro che conciliante: «Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà con determinazione e senza esitazioni, quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada», a cui fa eco pochi attimi dopo la sorella Arianna affermando che «La storia è fatta di piccoli passi e scelte quotidiane. È tempo che le persone perbene di questa martoriata nazione scelgano da che parte stare. Avanti sorella mia, sei il nostro orgoglio».

Con il passare delle ore e il rincorrersi dei post sui social, dove crescono le urla delle diverse tifoserie, la giornata politica è contraddistinta da botta e risposta al calor bianco.

In particolare, fa discutere la scelta da parte del Governo di non riferire, per ora, alle Camere quanto è accaduto con il presunto torturatore libico, raggiunto da mandato di arresto della Corte penale internazionale, ma accompagnato in Patria con un volo di Stato italiano.

Una vicenda che, affermano fonti di Palazzo Chigi, non è stata inserita tra gli argomenti di un vertice tra Meloni e i suoi due vice, Tajani e Salvini, e lo stesso Piantedosi sulla questione migranti sempre ieri mattina. È alla Camera, invece, che le frizioni si sono alzate sempre più. Tanto che i lavori sono stati sospesi in attesa che una riunione dei capigruppo fissasse una data per l’intervento chiarificatore dell’esecutivo.

Anche in Senato le minoranze hanno abbandonato l’aula per protesta dopo le parole del presidente della commissione affari costituzionali, Alberto Balboni, che ha definito «umilianti per il Parlamento le azioni di certa Magistratura», con il capogruppo del Pd, Francesco Boccia, che dice: «Non andremo avanti fino a quando il governo non chiarirà i contorni di questa vicenda tutta politica e non giudiziaria molto grave», a cui rispondono i colleghi del Movimento 5Stelle, Stefano Patuanelli, e Peppe De Cristofaro, di Alleanza Verdi e Sinistra. Mentre il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri, a muso duro, ribadisce uno dei concetti chiave del centrodestra e cioè che la notifica è la risposta «alla riforma della Giustizia voluta dal Governo. Siamo di fronte a un attacco politico eversivo, incostituzionale», afferma l’esponente azzurro.

Solo al termine della giornata prova a smorzare i toni il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, il quale afferma che «un’informativa alle Camere ci sarà quanto prima». Anche se le polveri, da ambo le parti, restano sempre a rischio scintille.

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