Giorgia Meloni non nasconde le difficoltà del suo viaggio a Washington, tanto che poche ore prima di imbarcarsi per la capitale statunitense ha detto: «È un momento difficile, vediamo come va nelle prossime ore».
Timori confermati dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanbattista Fazzolari che annota: «Il viaggio non è facile ed è ricco di insidie perché le dichiarazioni americane fanno pensare alla volontà di una politica fortemente protezionistica, cosa che danneggerebbe l’Italia. Non so quanto possa essere vantaggiosa per gli Stati Uniti, ma per l’Italia e l’Europa una politica protezionistica al di là dell’Atlantico può essere un grande pericolo».
La missione
Incognite che pesano sui risultati attesi dalla missione della presidente del consiglio che, va ricordato, non si reca a Washington a nome dell’Unione europea. Anche se, e qui sta tutto l’equilibrismo che il viaggio richiede, il compito di Meloni è quello di difendere gli interessi commerciali italiani, riaffermare la vicinanza dell’Italia agli Stati Uniti ed evitare di creare una frattura interna all’Ue: obiettivi difficili da conciliare.
Tuttavia, focus del vertice con Donald Trump sarà proprio la condizione economica dell’Italia che ha negli Stati Uniti il suo secondo partner commerciale con esportazioni che sfiorano i 65 miliardi di euro annui. Un valore che, se i dazi annunciati dal Tycoon a stelle e strisce dovessero entrare in vigore, potrebbe creare non pochi grattacapi agli imprenditori italiani in tutti i settori: dai macchinari alle apparecchiature, dai prodotti farmaceutici e automotive ai mezzi di trasporto, oltre a prodotti chimici, tessili e agroalimentare.
Gli interessi dell’Unione
Così, per quanto le competenze sul commercio non siano in capo ai singoli Stati membri, ma gestite dalla Commissione europea, la missione potrebbe avere successo se Meloni riuscisse a convincere Trump alla creazione di un’area a dazi annullati, come vorrebbe l’Esecutivo comunitario, o in subordine un rafforzamento dell’area transatlantica in competizione con la Cina, magari mettendo sul piatto maggiori acquisti di beni americani come gas e armi e garanzie sulle tassazioni alle aziende tecnologiche.
Ipotesi che alimentano l’auspicio sui risultati positivi della missione, al netto di imprevedibili intemperanze di Trump, visto che la convinzione di Meloni è ancora quella di un’alleanza euroamericana fondata sul pilastro di Washington e non, come ipotizzato dall’Ue, di una maggiore autonomia europea incentrata sui valori della liberaldemocrazia. Basterà questo allineamento alle posizioni del presidente Usa per ottenere risultati? Oggi si saprà.