Il braccio di ferro è appena iniziato. Da un lato il governo che spinge per una riforma dei medici di famiglia, facendoli diventare dei veri dipendenti, dall’altro lato i sindacati e le associazioni di categoria a cui tutto questo non sta bene. L’obiettivo è riempire le case di comunità e gli ospedali di comunità di personale. Anche per la Puglia, nonostante ci siano cantieri aperti ed opere non terminate, la difficoltà è cercare personale nelle nuove strutture.
Da qui il pressing delle Regioni sul governo, per arrivare a una sorta di compromesso: per i medici di famiglia potrebbe esserci un doppio canale: diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale o restare convenzionati, come sono oggi. Ma se dovessero restare convenzionati per loro ci sarebbero degli obblichi rispetto al cosiddetto «debito orario» e «prestazioni da garantire» da sottrarre alla contrattazione collettiva sia nazionale che locale «in modo tale da assicurare l’effettivo avvio delle strutture e dell’organizzazione prevista dal Pnrr». In parole più semplici i medici sarebbero costretti dal loro stesso nuovo contratto a lasciare un po’ di ore a settimana i loro studi e andare a lavorare nelle nuove strutture finanziate dal Pnrr con tre miliardi e cioè Case e Ospedali di comunità. Quando chiaramente si realizzeranno.
Il documento al ministro
Un documento riservato firmato dalle Regioni è arrivato al ministro alla Sanità Orazio Schillaci e chiede la riforma. In fondo la Puglia proprio in questi giorni ha firmato l’accordo integrativo ai medici di famiglia e proprio in quella sede il presidente Emiliano ha messo in evidenza la necessità di integrare i medici di famiglia con il sistema ospedaliero e territoriale, attraverso la prenotazione delle prestazioni «che non devono più essere solo un problema informatico o di disponibilità oraria, ma basate sulla necessità di valutare la necessità di un esame». Intanto il nuovo accordo pugliese pone tra le sue priorità anche quelle di una maggiore disponibilità di visite a domicilio da parte del medico di base.
Resta invece sempre la stessa la posizione del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli: «No alla dipendenza».
Il punto è che se così non sarà le case di comunità, gli ospedali di comunità che di fatto sostituiscono anche tutte quelle strutture chiuse negli anni passati, perchè ritenute troppo costose, saranno vuote.