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Mango, il cantore di Lagonegro: a dieci anni dalla morte la sua poesia risuona ancora

Quando la musica diventa racconto o poesia, c’è Pino Mango. C’è perché Giuseppe detto Pino Mango, come ogni grande artista, non muore mai. Il suo ricordo vibra ancora forte l’8 dicembre, a dieci anni dalla sua scomparsa. Una morte avvenuta sul palcoscenico, durante un concerto a Policoro, in provincia di Matera, nella sua Basilicata. Una via di prendere congedo fedele a ciò che era stata la sua vita: immerso completamente nella musica. Mango stava cantando, quando un malore lo ha colto, interrompendo per sempre quel flusso di musica che ha accompagnato intere generazioni.

La famiglia

Mango non era solo musica, ma anche famiglia, arte pura pure lì. Laura Valente, sua moglie, già voce straordinaria dei Matia Bazar, un’altra fuoriclasse della musica italiana. E Angelina, la loro figlia, che ha ereditato il talento dei genitori, come il fratello Filippo. Angelina ha perso suo padre quando era ancora adolescente, ma ha saputo trasformare il dolore in arte. Dopo essersi classificata prima nella categoria Canto ad “Amici” nel 2023, ha vinto Sanremo nel 2024 con “La noia”.

La musica

La musica, per Mango, era l’unica lingua universale che riesce a raccontare quello che le parole non riescono a dire. E lui le sue parole le aveva sempre cercate con una precisione quasi chirurgica, scavando nei sentimenti, nelle sfumature più sottili dell’esistenza umana. Non sono si considerava un cantante di successo, semmai uno che raccontava storie. Non era vero. Il cantore di Lagonegro, in provincia di Potenza, ha tessuto storie di amori, di paesaggi interiori, di emozioni. Le stesse che traboccavano dai suoi brani come acqua da un bicchiere troppo pieno. “La rondine”, “Oro”, “Bella d’estate”, “Lei verrà”, “Mediterraneo” e tante altre: non erano solo canzoni, ma piccoli universi emotivi, scrigni di sentimenti universali. La sua musica aveva qualcosa di cinematografico, con quella capacità di evocare immagini, far vedere oltre le note. Nei suoi testi c’era il Sud profondo, quello delle terre aspre e dei mari immensi, degli sguardi che dicono più delle parole e dei sentimenti che travalicano ogni confine.

Il lascito

Dieci anni dopo, la sua assenza continua a essere un vuoto che la musica italiana fatica a colmare. Artisti come lui non vengono sostituiti, semplicemente restano, continuano a esistere nelle note che hanno scritto, nei ricordi che hanno lasciato, nelle generazioni che ancora li ascoltano. La sua eredità non è solo musicale, ma umana: un modo di guardare il mondo con tenerezza, con profondità, con quella capacità di trasformare l’ordinario in straordinario che appartiene solo ai veri artisti. Pino Mango non era solo un cantautore, era un narratore di anime, un poeta che ha usato la musica come suo strumento di racconto.

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