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Lo dice uno studio: fare sesso ti salva dalla depressione

Una notizia che sembra uscita da un manuale di buonsenso, ma con undici anni di dati alle spalle: fare sesso regolarmente riduce il rischio di depressione. A dirlo è uno studio cinese appena pubblicato sul “Journal of Affective Disorders”, basato sull’analisi del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), un maxi-progetto americano che ha seguito quasi 15mila adulti tra il 2005 e il 2016. Conclusione? Chi ha rapporti una o due volte a settimana ha circa il 24% di probabilità in meno di sviluppare sintomi depressivi. Non serve essere esperti di neuroscienze per intuire che una vita affettiva attiva possa incidere sull’umore, ma evidentemente serviva quantificarlo. Male non fa, quindi, a parte a chi rientra nella fascia “meno di una volta al mese”, che lo studio colloca in una zona grigia esistenziale abbastanza familiare a molti.

Il numero magico

Secondo i ricercatori, il dato si conferma stabile anche tenendo conto di tutte le variabili: età, reddito, salute fisica, stato civile, istruzione. Non conta con chi, come, o quanto bene: quello che conta è la regolarità. Più di due volte a settimana, però, non porta benefici aggiuntivi. Si chiama “effetto saturazione”, e ricorda un po’ quelle felicità che a un certo punto iniziano a diventare routine. Lo studio, essendo osservazionale, non può stabilire se è l’assenza di intimità a causare la tristezza o viceversa. Inoltre, non considera fattori come l’orientamento sessuale, la qualità della relazione o il grado di soddisfazione personale. In sostanza, basta che succeda: è il gesto che conta, non il contesto. Gli autori propongono di integrare il benessere sessuale nelle valutazioni sulla salute mentale. Tradotto: durante la prossima visita psichiatrica, potremmo trovarci a parlare anche della nostra vita affettiva, insieme all’insonnia e all’ansia di prima mattina. E se sei single, un po’ giù e con un algoritmo di incontri che ti suggerisce solo profili che cercano “relazioni serie”, sappi che rientri perfettamente nei numeri. E anche questo, in fondo, è un tipo di riconoscimento.

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