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Lino Banfi ricorda Nadia Cassini: «Brava e altruista. I nostri film oggi non sono più proponibili» – VIDEO

«La scomparsa di Nadia mi fa tristezza e tenerezza per il fatto di questa ragazza straniera portata in Italia allo sbaraglio a fare la protagonista per quella parte anatomica del suo corpo che piaceva agli italiani. Oggi tutto questo farebbe ridere. Era carina, brava e altruista, una bella persona». Lo afferma, a LaPresse, Lino Banfi riferendosi all’attrice Nadia Cassini, scomparsa oggi all’età di 76 anni.

«”La dottoressa ci sta con il colonello” era il titolo del film che fece con me e fu la prima volta che un attore toccava questa sua parte anatomica. Io travestito da massaggiatrice ho dovuto interpretare quella parte e soffrivo molto quel giorno», ricorda l’attore pugliese. «Gli altri, il 98% degli italiani, pensavano “beato lui” – aggiunge – ma io non vedevo l’ora di finire. Eravamo in una sauna dell’Hotel Hilton a Roma, ero travestito da donna, con tanto di trucco e parrucca. Si girava a giugno e faceva un gran caldo. Io non vedevo l’ora di finire questo tormento».

Film come quelli della commedia-sexy all’italiana degli anni Settanta «non sono più proponibili – aggiunge Banfi -, non se ne fanno più perché non interessa a nessuno vedere queste cose, neanche i ragazzini si divertirebbero. Allora era proibito vedere quei film “dove si vedono le donne nude”, come dicevano le mamme. Adesso se una di loro dice una cosa del genere il figlio le fa una pernacchia. È un fatto normale, il bambino capisce a 10 anni cosa vuol vedere. La faccia bella di quei film era il divertimento che davamo noi comici, la bellezza femminile era una scusa per mandare la gente al cinema a curiosare, ma poi si divertivano e uscivano dalla sala sorridenti. Eravamo noi gli accompagnatori di quelle bellezze», sottolinea ancora.

«Nadia so che non stava bene. Dopo quel film l’ho vista una sola volta, in una trasmissione con Chiambretti, era ancora piacente, sono di quelle donne che rimangono belle tutta la vita. Come la Fenech, con lei mi sento spesso anche se vive dall’altra parte del mondo», conclude Lino Banfi.

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