L’economia italiana rallenta. Nel secondo trimestre del 2025 il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,1% rispetto ai primi tre mesi dell’anno, mentre rispetto allo stesso periodo del 2024 cresce solo dello 0,4%. I dati, elaborati dall’Istat, lasciano poco spazio a dubbi, evidenziando come dietro questi numeri ci sia un quadro complesso.
Il report
Dal report, infatti, emerge che «la crescita tendenziale risulta in decelerazione rispetto allo 0,7% del primo trimestre». La contrazione è legata al calo dell’agricoltura e dell’industria, mentre i servizi, che pesano molto sul Pil, sono rimasti sostanzialmente stabili. Dal lato della domanda, quella interna ha dato un piccolo contributo positivo, ma il commercio con l’estero ha frenato la crescita. A preoccupare sono soprattutto le tensioni commerciali con gli Stati Uniti.
«Dato pessimo. Il fatto che il Pil su base congiunturale sia già in calo, prima ancora dell’arrivo dei dazi di Trump, ci fa temere una recessione tecnica», commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. L’auspicio, dunque, è che «il turismo estivo possa compensare il calo di agricoltura e industria».
Confesercenti parla di «incertezza dovuta ai dazi» e di un «ulteriore arretramento del settore manifatturiero». L’associazione avverte che gli effetti dell’accordo con Washington sui nuovi dazi del 15% saranno più evidenti in autunno, rischiando di pesare su investimenti e occupazione. Secondo Unimpresa, però, la situazione va letta senza allarmismi: «La lieve contrazione del Pil italiano non va vista come un segnale d’allarme, ma come un rallentamento fisiologico – spiega Manlio La Duca, consigliere nazionale dell’associazione, che chiede «una manovra economica mirata per stimolare i consumi, sostenere gli investimenti e non irrigidire la pressione fiscale».
I sindacati
Sul fronte dei sindacati, invece, la Cgil lancia un monito. «La flessione dell’economia italiana è un cattivo segnale», dice il segretario confederale Christian Ferrari, che ricorda come «perfino la crescita anemica del +0,6% prevista dal Governo per il 2025 potrebbe rivelarsi ottimistica». Ferrari punta il dito contro «politiche di austerità, corsa al riarmo e subalternità agli Stati Uniti», indicando la Spagna come esempio positivo «grazie al salario minimo rivalutato, investimenti pubblici e protezione sociale».
La crescita acquisita per il 2025 è al momento dello 0,5%, ma restano diversi rischi: i dazi, la debolezza dei consumi interni e il rallentamento degli scambi internazionali. Unimpresa segnala però anche qualche elemento positivo: il mercato del lavoro resta stabile e l’inflazione è sotto controllo, fattori che potrebbero spingere la Banca centrale europea ad abbassare i tassi già in autunno.
In sintesi, l’economia italiana attraversa una fase delicata: la frenata del Pil non è ancora un campanello d’allarme definitivo, ma segnala la necessità di politiche mirate per sostenere famiglie, imprese e investimenti in un contesto internazionale che resta incerto.