Le compagnie aeree stanno prendendo precauzioni per garantire la continuità dei voli anche in caso di esplosione nucleare. Una possibilità che, fino a pochi anni fa, avrebbe significato la paralisi totale del traffico aereo mondiale.
Le attuali regole internazionali, nate negli anni ’50, prevedono infatti il blocco immediato di tutti gli aerei civili al primo impiego di un’arma nucleare, sulla base dell’idea che una detonazione significherebbe automaticamente lo scoppio della Terza guerra mondiale.
Tuttavia, con l’emergere delle cosiddette armi nucleari “tattiche” – con potenza e impatto più limitati e impiegate in ambiti ristretti – lo scenario è cambiato. Come riportato dal Telegraph, il colosso Gallagher Insurance ha sviluppato un piano assicurativo globale per permettere agli aerei di continuare a volare in aree lontane dai teatri di guerra nucleare.
Il progetto ha preso forma già nel 2022, dopo le minacce atomiche di Vladimir Putin legate al conflitto in Ucraina, ed è stato recentemente rilanciato a seguito delle rinnovate tensioni tra India e Pakistan nella regione del Kashmir.
Secondo Nigel Weyman, socio senior di Gallagher, «negli anni ’50 si pensava che qualsiasi esplosione nucleare avrebbe portato all’Armageddon. Ma oggi esistono armi come la bomba B61 americana, con potenza di 0,3 kilotoni, molto inferiori rispetto ai 15 kilotoni di Hiroshima o ai 100 di una testata Trident». In questo contesto, si chiedono gli esperti, ha senso bloccare voli globali in caso di un’esplosione circoscritta in Europa o in Asia?
Il nuovo piano prevede che, entro quattro ore da un eventuale attacco nucleare, un gruppo di 15 esperti – tra cui Allianz e gli analisti di Osprey Flight Solutions – si riunisca per valutare in quali aree sia ancora sicuro volare. L’obiettivo è garantire alle compagnie aeree la possibilità di operare con una copertura assicurativa fino a 1 miliardo di dollari per aereo, coprendo danni a passeggeri e terze parti. Finora hanno aderito circa 100 vettori.