Nei primi due anni di governo Meloni l’occupazione in Italia è cresciuta complessivamente di 847mila unità (+3,6%). A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
Di questi nuovi posti di lavoro, 672mila sono lavoratori dipendenti e 175mila autonomi. Focalizzando l’attenzione sui lavoratori dipendenti, lo stock di coloro che in quest’ultimo biennio dispone di un contratto a tempo indeterminato è aumentato di 937mila unità, mentre i lavoratori con un contratto a termine sono diminuiti di 266mila. L’incidenza percentuale di lavoratori subordinati che attualmente possiede un contratto di lavoro precario, quindi, è scesa al 14,4% (-2 punti rispetto a ottobre 2022). Sempre nello stesso periodo, i disoccupati sono diminuiti a 1.473.000 (-496mila) e gli inattivi a 12.538.000 (-198mila).
Degli 847mila nuovi posti di lavoro creati in questi ultimi due anni, quasi la metà, 420mila sono donne (pari al 49,6%) e gli altri 427mila sono maschi (50,4%). Dei 496mila disoccupati in meno registrati sempre in questo periodo, invece, 274mila sono donne (pari al 55,1%) e 223mila sono uomini (44,9%).
Analizzando l’andamento occupazionale degli italiani per fasce di età, scorgiamo che la coorte che in termini assoluti ha dato in questi ultimi due anni il contributo maggiormente positivo è stata quella degli over 50. Degli 847mila nuovi occupati registrati nel Paese, ben 710mila (pari all’83,8%) appartengono alla fascia più anziana della popolazione lavorativa. Seguono quella tra i 25 e i 34 anni di età che sono cresciuti di 184mila unità e quella dei giovani tra i 15-24 anni che sono aumentati di 18mila unità. Solo la coorte anagrafica tra i 35-49 anni ha subito una contrazione negativa pari a 66mila lavoratori.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, le ragioni di questo risultato vanno ricercate nell’invecchiamento progressivo anche della popolazione lavorativa che sta ingrossando la fascia di età più elevata e nell’allungamento dell’età lavorativa che negli ultimi anni ha frenato il pensionamento di tantissimi operai e impiegati. Ma l’aspetto più determinante è riconducibile al fatto che le imprese sono sempre più orientate ad assumere persone con esperienza che, in linea di massima, offrono maggiori garanzie di affidabilità e di sicurezza.
I dati regionali
Per quanto riguarda i dati regionali, rilevati da Prometeia, emerge che tra il 2022 e il 2024 è la Sicilia a registrare il numero più elevato di nuovi posti di lavoro pari a 133.600 (+10%). Seguono la Lombardia con +125.700 (+2,8%), la Campania con +89.900 (+5,5%), il Lazio con +76.500 (+3,3%) e il Piemonte con 71.600 (+4%).
Tra le quattro ripartizioni geografiche presenti in Italia, il Mezzogiorno – grazie al buon andamento delle esportazioni, delle costruzioni e degli investimenti pubblici correlati al Pnrr – parrebbe registrare l’incremento occupazionale più importante d’Italia, con quasi 350mila addetti in più negli ultimi due anni.
Anche per quanto concerne la contrazione dei disoccupati, sarebbe sempre il Sud la macro area più dinamica del Paese, con una riduzione delle persone che cercano una occupazione pari a 113mila unità.
In valore assoluto a guidare la graduatoria regionale dovrebbe essere la Sicilia con -36.800 disoccupati. Seguono la Puglia con -35.600 e la Lombardia con -34.600. Questi ultimi dati, infine, trovano una ulteriore conferma dall’analisi del tasso di disoccupazione che dovrebbe subire le riduzioni più importanti in Sicilia (-3,1%), in Sardegna (-3%) e in Puglia (-2,6%).
La Cgia mette in guardia: «Dati positivi ma occhio alla produttività e gli stipendi non crescono»
La Cgia, dunque, parla di risultati «certamente positivi, anche se il merito è riconducibile più agli imprenditori che alla politica». Tuttavia, l’associazione veneta evidenzia che «non dobbiamo dimenticare che con una crescita che in questi ultimi due anni è stata molto contenuta, all’aumento dell’occupazione non è corrisposto un incremento altrettanto importante della produttività, almeno nel settore dei servizi e del terziario. Pertanto – prosegue -, gli stipendi degli italiani, che mediamente sono al di sotto della media europea, non crescono adeguatamente e questo rimane un problema che va “aggredito” rinnovando i contratti nazionali alla scadenza e continuando a tagliare strutturalmente il carico fiscale che grava sugli stessi».
La Cgia, inoltre, sottolinea che «la forte caduta della produzione industriale e il deciso aumento del ricorso alla cassa integrazione non fanno presagire nulla di buono. Se non vogliamo scivolare verso una crisi strisciante che, a seguito delle tensioni geopolitiche, del calo demografico e della transizione digitale e climatica, avvolge la Germania e in parte anche la Francia, dobbiamo spendere bene e presto i soldi del Pnrr. Con la messa a terra entro il 2026 dei 130 miliardi di euro che abbiamo ancora a disposizione, possiamo dare un contributo importante all’ammodernamento del Paese ed evitare una nuova crisi che, ai più, sembra essere alle porte», conclude.
Meloni esulta: «Avanti con determinazione per creare ulteriori opportunità»
«I dati diffusi oggi dalla Cgia confermano un importante trend positivo per il mercato del lavoro in Italia: 847mila posti creati nei due anni del nostro Governo», esulta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in un post pubblicato sui social.
Per la premier, i numeri diffusi dalla Cgia «ci spingono a continuare a lavorare con determinazione per creare ulteriori opportunità e garantire stabilità e crescita economica a tutta la nostra Nazione. L’Italia è sulla strada giusta, ma non ci fermiamo: c’è ancora molto da fare. Avanti», conclude.