Nei prossimi dieci anni, l’Italia si troverà ad affrontare una significativa contrazione della sua popolazione in età lavorativa. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, basata sulle previsioni demografiche dell’Istat, si stima una diminuzione di 2.908.000 unità, pari a un calo del 7,8%.
All’inizio del 2025, la fascia demografica compresa tra i 15 e i 64 anni contava 37,3 milioni di persone, ma le proiezioni indicano una discesa a 34,4 milioni entro il 2035.
La Cgia evidenzia come questa tendenza sia diretta conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione, caratterizzato da un numero sempre minore di giovani e da una consistente ondata di baby boomer prossimi alla pensione. Questo scenario pone seri rischi di “spopolamento” della fascia anagrafica potenzialmente attiva sul mercato del lavoro.
L’analisi sottolinea inoltre che il fenomeno interesserà indistintamente tutte le 107 province italiane monitorate, con variazioni assolute negative previste su tutto il territorio nazionale.
Ripercussioni sul Pil e sul tessuto imprenditoriale
La Cgia mette in guardia sulle gravi ripercussioni che questo declino demografico, combinato con l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale, potrebbe avere sul tessuto imprenditoriale italiano.
Già oggi si avverte la difficoltà nel reperire giovani lavoratori, un problema che è destinato ad acuirsi nei prossimi anni, con un conseguente progressivo rallentamento del Prodotto interno lordo (Pil).
Inoltre, una popolazione sempre più anziana comporterà un aumento significativo della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con potenziali impatti negativi sui conti pubblici.
Pmi a rischio, Sud potenzialmente meno colpito
Lo studio della Cgia evidenzia come le piccole e medie imprese (Pmi) potrebbero essere le più penalizzate da questa situazione, faticando a competere con le realtà più grandi nell’attrarre i giovani talenti, spesso attratti da salari più elevati, orari flessibili e benefit aziendali.
Curiosamente, l’analisi suggerisce che il Mezzogiorno potrebbe incontrare minori difficoltà rispetto al Centro-Nord. Questo è dovuto ai tassi di disoccupazione e inattività ancora elevati nel Sud e nelle Isole, che potrebbero in parte compensare le carenze di personale previste, soprattutto nei settori agroalimentare e turistico-ricettivo.
Banche possibili beneficiarie
Un aspetto interessante evidenziato dalla Cgia riguarda il settore bancario, che potrebbe paradossalmente beneficiare di questa tendenza demografica. La maggiore propensione al risparmio della popolazione anziana potrebbe infatti incrementare il valore dei depositi, favorendo le istituzioni creditizie.
Sardegna la regione più colpita
A livello regionale, la contrazione più significativa della popolazione in età lavorativa è prevista in Sardegna, con un calo del 15,1 per cento (-147.697 persone). Seguono Basilicata (-14,8 per cento), Puglia (-12,7 per cento), Calabria (-12,1 per cento) e Molise (-11,9 per cento). Le regioni meno interessate dal fenomeno saranno invece il Trentino Alto Adige (-3,1 per cento), la Lombardia (-2,9 per cento) e l’Emilia Romagna (-2,8 per cento).
A livello provinciale, Nuoro registrerà la flessione più marcata (-17,9 per cento), seguita da Sud Sardegna (-17,7 per cento), Caltanissetta (-17,6 per cento), Enna (-17,5 per cento) e Potenza (-17,3 per cento). In valore assoluto, la provincia con la maggiore perdita sarà Napoli (-236.677 persone). Tra le province meno colpite si segnalano Bologna (-1,4 per cento), Prato (-1,1 per cento) e Parma (-0,6 per cento).