Un invito alla sobrietà preso talmente alla lettera da far sparire gli eventi in programma per celebrare il 25 aprile. Da Domodossola al Bresciano, fino alla provincia di Roma: alcuni comuni hanno accolto con estremo rigore il suggerimento dal governo di moderare, nel rispetto del lutto nazionale per la morte di Papa Francesco, le manifestazioni per la Liberazione. Decidendo di depennare cortei, eventi e comizi già organizzati, con il veto indiretto di cantare – a voce – “Bella Ciao”. Una scelta che non è andata giù all’Anpi. Con il presidente del Piemonte, una delle regioni in cui si combattè più strenuamente la Resistenza e con le formazioni partigiane più numerose, Alberto Cirio, che taglia corto: «il 25 aprile è ancora poco festeggiato, si dovrebbe cantare e ballare, fare ciò che un regime non permette». Del resto non c’è 25 aprile, da qualche anno in qua, che non porti con sé una polemica. Stavolta sono finiti in mezzo il Santo Padre e l’aggettivo della settimana, quel “sobrio” riferito all’atteggiamento da tenere oggi pronunciato dal ministro Nello Musumeci.
I casi
A Romano di Lombardia, provincia di Bergamo, il presidente del Consiglio comunale leghista ha detto no a «brani musicali, inni e canti» a eccezione del Silenzio e dell’Attenti, escludendo quindi di fatto la canzone partigiana. «Non si potrà impedire ai cittadini di cantarla» la replica battagliera dell’Anpi. Che in Toscana non ha invitato alle celebrazioni locali i sindaci di Grosseto e Orbetello perché in altre occasioni avevano celebrato Almirante, Balbo e Ramelli. «Festeggerò il 25 aprile senza di loro – la replica del sindaco di Grosseto – sopravviverò anche a questo», mentre a Orbetello il Comune ha negato il suolo pubblico all’Anpi, che a sua volta parla di «rappresaglia».
Il clima, insomma, non è proprio quello di unità nazionale. A Cinisello Balsamo il sindaco leghista, denuncia la Cgil, ha sospeso il comizio dell’Anpi. A Domodossola, città di tradizione partigiana, tra le proteste di Pd e centrosinistra, il Comune ha vietato il corteo e la sfilata. Più sobri ancora due borghi della Valcamonica, Ono San Pietro e Cividate Camuno (dove il sindaco è il coordinatore locale di FdI), che hanno annullato del tutto le celebrazioni. Più tardi arriverà una precisazione: si festeggia, ma insieme ad altri Comuni; a essere annullata era l’intitolazione di una piazza agli Alpini.
Stop alle feste anche nel padovano, a Ponte San Nicolò, dove però amministra il centrosinistra. S’è appellato alla sobrietà il sindaco di Genazzano, in provincia di Roma: sì alle corone al monumento ai Caduti, no al tradizionale corteo, «come mai in 80 anni» protesta il Pd locale.