«Adoravo l’idea di fare un film su incroci genetici tra i DNA dei dinosauri e altri tipi… guardo a King Kong (1933) e penso: questo è lo stato dell’arte, tra il 1933 e oggi non ci sono stati dei reali progressi nel reparto della fotografia degli effetti speciali, dove bisogna creare delle creature che non esistono più… penso che sarebbe sbagliato riportare in vita i dinosauri nella vita reale, ma non in un film». Sono le parole tratte da un’intervista del 1993 al regista statunitense Steven Spielberg con cui, l’allora quarantasettenne papà di E.T. e Indiana Jones, ha riassunto le motivazioni che quasi rischiarono di portarlo a implorare Michael Chrichton, autore del vendutissimo romanzo Jurassic park, per avere la possibilità di dirigere l’omonimo adattamento cinematografico.
Il cineasta, puntando sulla storia del parco a tema in cui i dinosauri prendono vita, ha scommesso sulla bestia giusta: il film fu un successo di pubblico stratosferico, incassando all’incirca 914 milioni di dollari in tutto il mondo e diventando il lungometraggio con il maggiore incasso di tutti i tempi fino al 1997, anno in cui il colossal Titanic diretto da James Cameron lo superò con più di un miliardo di dollari incassati.
L’evoluzione della serie
Dopo il cult del 1993, a cavallo del nuovo millennio, il franchise si è espanso con Il mondo perduto – Jurassic park (1997) e Jurassic park 3 (2001), due seguiti cinematografici che hanno ricevuto opinioni di critica contrastanti ma dall’ottimo riscontro di pubblico. La quarta iterazione rimase in sviluppo per diversi anni e, per assistere a una nuova invasione del grande schermo da parte delle creature preistoriche, bisogna aspettare fino al 2015 con il reboot-sequel Jurassic world diretto da Colin Trevorrow: citando il memorabile dottor Ian Malcolm, personaggio interpretato da Jeff Goldblum, “La vita trova sempre un modo”.
Il “film-eredità” è stato, anch’esso, un enorme successo per gli Universal Studios, arrivando a superare oltre 1,67 miliardi di dollari in poche settimane e diventando automaticamente il capitolo più remunerativo nella storia del franchise. Una volta aperto il Vaso di Pandora, o in questo caso il parco di Isla Nublar, i dinosauri hanno invaso regolarmente i cinema mondiali: prima con il seguito Jurassic World – il regno distrutto (2018) e successivamente con l’atto finale della nuova trilogia Jurassic World – il dominio (2022). Parecchio negativi, però, sono i giudizi della maggioranza della critica specializzata, arrivata a considerare l’intero progetto come un’operazione commerciale che non è riuscita a innovarsi qualitativamente.
In sala
La pellicola in uscita questa settimana Jurassic World – la rinascita di Gareth Edwards, settima avventura cinematografica della saga articola un racconto che vorrebbe porsi come il più originale dai tempi del primo film datato 1993. L’auspicata convivenza tra razza umana e dinosauri non si è concretizzata: in neanche cinque anni le bestie sono nuovamente a rischio estinzione e, pur di sopravvivere, si rifugiano in un luogo remoto localizzato nelle vicinanze dell’Equatore. Zoe Bennett (Scarlett Johansson) è una mercenaria esperta in operazioni illegali che verrà assoldata da una ricca multinazionale farmaceutica per estrarre il raro DNA delle specie preistoriche sopravvissute. Il titolo parla di rinascita ma, l’avventura di questa “Prometeo giurassica”, riuscirà a risollevare il destino di una proprietà intellettuale che, seppure prolifica, sembra essersi artisticamente fossilizzata nel tempo?