«Garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecila Sala» e la sua «liberazione immediata». A chiederlo a Teheran è l’Italia in una nota verbale che la Farnesina, attraverso l’ambasciatrice Paola Amadei, ha consegnato al governo iraniano. L’atto formale segna una tappa fondamentale nella strategia portata avanti in questi giorni dal ministro Antonio Tajani, dalla premier Giorgia Meloni oltre che dal guardasigilli Carlo Nordio e dal sottosegretario Alfredo Mantovano. Si tratta di un’accelerazione per arrivare a una rapida e positiva soluzione del caso apertosi il 19 dicembre scorso con l’arresto della giornalista.
Le richieste
In primo luogo l’Italia chiede che alla detenuta vengano assicurate le migliori condizioni nel penitenziario di Evin, con la possibilità di fornirle generi di conforto. Sul punto fonti della Farnesina fanno notare che «i tempi e le modalità di detenzione saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della Repubblica italiana». A Teheran si chiede anche un nuovo incontro tra l’ambasciatrice e la detenuta dopo quello del 27 dicembre. «Spero che possa esserle concesso in tempi rapidi», ha detto il ministro Tajani ribadendo che si sta «lavorando con grande discrezione per risolvere questo intricatissimo problema: ce la stiamo mettendo tutta, siamo in contatto con la famiglia costantemente».
Il caso Abedini
Il caso Sala sembra intrecciarsi con quello di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato a Malpensa il 19 dicembre scorso su richiesta degli Stati Uniti. Teheran, infatti, vorrebbe arrivare a uno scambio di prigionieri: Sala per Abedini. A suggerirlo sono anche le contestazioni mosse alla giornalista italiana, accusata genericamente di aver violato le leggi islamiche. Da Opera, dove è attualmente detenuto, Abedini continua a professare la propria innocenza: «Io sono un accademico, uno studioso, non sono certo un terrorista – ha detto nel corso di un colloquio con il suo avvocato e il console – Non capisco questo arresto, sono stupito».
Abedini, inoltre, non ha negato di essere «molto preoccupato» per la sua famiglia in Iran. Sul fronte dell’estradizione, però, i tempi si annunciano molto più lunghi. Il Ministero della Giustizia, appena avrà ricevuto l’intero incartamento proveniente dagli Usa, avrà alcuni giorni per analizzarlo e quindi inviarlo alla Corte d’appello che dovrà fissare un’udienza camerale per discutere la richiesta. Dopo la pronuncia, che per iter procedurale potrebbe arrivare anche tra due mesi, l’ultima parola spetta al ministro Nordio. Infatti Via Arenula, per motivi politici, può ribaltare il verdetto dei giudici milanesi.