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Italia fanalino di coda in Europa per investimenti in istruzione: fanno peggio solo Romania e Irlanda

L’Italia si conferma agli ultimi posti in Europa per investimenti pubblici nell’istruzione. È quanto emerge dal rapporto Investing in Education 2025, pubblicato dalla Commissione europea sui dati relativi al 2023, che fotografa una situazione in chiaroscuro: da un lato un recupero generale delle risorse destinate alla scuola dopo il calo dovuto alla pandemia, dall’altro il persistere di forti squilibri tra Paesi membri.

Nel complesso, i governi dell’Unione hanno speso circa 806 miliardi di euro per l’istruzione nel 2023. La quota media della spesa pubblica destinata al settore si è attestata al 9,6%, in lieve risalita rispetto al biennio 2020-2021 (9,3%) ma ancora al di sotto del 10% registrato nel 2019. Rapportata al prodotto interno lordo, la media europea resta al 4,7%, identica a quella di cinque anni fa, seppur con forti variazioni nazionali.

Le difficoltà italiane

Ed è proprio qui che emergono le difficoltà italiane. Nello specifico, Roma destina all’istruzione appena il 7,3% della spesa pubblica complessiva, contro l’8,2% del 2019, un dato che relega il nostro Paese all’ultimo posto tra i Ventisette.

Ancora più preoccupante il quadro in rapporto al Pil: l’Italia investe infatti il 3,9% (4% nel 2019), collocandosi terzultima davanti soltanto a Romania e Irlanda. Secondo la Commissione, si tratta di cifre che rischiano di compromettere la capacità del Paese di reggere la competizione globale e di sostenere una crescita inclusiva. L’esecutivo comunitario ricorda infatti che il Pil europeo potrebbe crescere tra l’8% e il 10% rispetto alle attuali previsioni se entro il 2030 più cittadini dovessero riuscire ad acquisire competenze di base adeguate. Inoltre, un solo anno in più di istruzione si traduce in media in un aumento del 7% del reddito personale.

Una leva strategica

Per Bruxelles, dunque, la spesa in istruzione deve essere considerata come una leva strategica. «Spendere per l’istruzione è un investimento, non un costo e l’UE deve essere pronta per il futuro», ha sottolineato la commissaria europea all’Istruzione, Roxana Mînzatu. Guardando ai dati del 2023, ha aggiunto che il trend positivo a livello comunitario «dimostra che in tutta l’UE l’istruzione è di nuovo un motore di competitività e resilienza economica».

Le proposte di Bruxelles

La Commissione ha già avanzato proposte concrete per consolidare la tendenza. Nel bilancio post-2027 si punterà a rafforzare il sostegno ai sistemi educativi attraverso i Piani nazionali e regionali di partenariato, l’istituzione di un nuovo Fondo europeo per la competitività e il potenziamento del programma Erasmus+. «Il bilancio post-2027 sostiene un aumento dei finanziamenti per l’istruzione e le competenze», ha ribadito Mînzatu. Il confronto con i partner europei conferma, dunque, il ritardo strutturale dell’Italia nel settore educativo, in un momento storico in cui formazione e competenze sono considerate pilastri della ripresa economica e sociale. La sfida, adesso, è capire se il nostro Paese saprà invertire la rotta, colmando un gap che rischia di pesare sulla competitività dell’intero sistema Paese.

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