Nessuna sorpresa dalla riunione del Consiglio direttivo della Bce che ha deciso – come già la Fed e la Bank of England – di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento. Ma nella nota che annuncia la scelta l’Eurotower osserva come “l’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”.
Davanti alle forti richieste di indicare una data per iniziare i tagli dei tassi nel Consiglio direttivo della Bce «non abbiamo affatto discusso» di questa possibilità: «Ci siamo chiesti se abbassare la guardia ma assolutamente abbiamo deciso di non farlo». Lo spiega la presidente della Bce Christine Lagarde sottolineando che non tutti gli indicatori sull’inflazione sono scesi. «Ci servono molti più dati» aggiunge, prima di invertire la rotta.
Le nuove proiezioni per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema che accompagnano la decisione della Bce di tenere i tassi fermi mostrano come l’inflazione dovrebbe ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025. Infatti gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. Rispetto all’esercizio di settembre, sono state riviste al ribasso le proiezioni per il 2023 e soprattutto per il 2024. Si è detto e scritto tante volte, la Bce di Christine Lagarde è molto diversa dalla Bce di Mario Draghi. È vero da tanti punti di vista ma ce n’è uno più degli altri che è evidente: la comunicazione. La scelta di tenere i tassi fermi, ampiamente prevedibile, viene accompagnata da un linguaggio che lascia pochissimo spazio a una lettura prospettica, indispensabile per dare un verso più efficace alla trasmissione della politica monetaria.