Inchiesta bis sul finanziere in servizio a Lecce: è caccia all’archivio segreto

La Dda di Milano non era la sola a indagare su Giuliano Schiano, il maresciallo della guardia di finanza in servizio alla Dia di Lecce, accusato di aver effettuato la maggior parte degli accessi abusivi per la rete dell’Equalize, specializzata in dossieraggio.

L’altra inchiesta

Da alcuni mesi un’altra Procura italiana stava conducendo un’inchiesta parallela, sulla quale viene mantenuto al momento il massimo riserbo, ma che riguarderebbe lo stesso tipo di reato contestatogli nell’indagine milanese. Anzi, i due fascicoli di inchiesta si incrocerebbero. Secondo quanto ricostruito nel secondo fascicolo, Schiano sarebbe entrato nello Sdi, usando sempre lo stesso numero di procedimento (realmente esistente), digitato come “facciata” per dare informazioni ai suoi interlocutori lombardi, ma per soddisfare ben altre richieste, provenienti per la maggior parte dei casi da clienti del mondo dell’imprenditoria. Proprio nelle scorse ore, i due fascicoli sarebbero stati inviati a Milano per la riunione.

Il riscontro nelle carte

Una circostanza che emerge anche dalle carte milanesi, dalle migliaia di intercettazioni che costituiscono l’ossatura dell’indagine, e in particolare da un dialogo tra l’imprenditore reggiano 38enne Giulio Cornelli (ai domiciliari) e l’esperto consulente informatico Samuele Calamucci (anche lui ai domiciliari): “Io ho un dubbio… te l’ho detto che lui prima lavorava per uno lì di Lecce che… con cui era amico… che è il motivo per cui l’ho conosciuto … secondo me a ottobre 2021 c’era…». I due nomi passati al microscopio dell’appendice salentina sono quelli di imprenditori di Como, ma all’Equalize non dicono nulla: Calamucci chiede “Tu hai idea di chi può averglielo chiesto?” e Cornelli risponde affermativamente ma aggiunge che si informerà meglio: “Io ho un dubbio che te l’ho detto, quello lì… però non lo so, dopo glielo voglio chiedere meglio, perché lui secondo, perché anche lui c ‘ha un archivio e secondo me se lo ricorda!’)”.

I controlli

Un altro aspetto sul quale si stanno concentrando ora gli investigatori è quello relativo all’elevato grado di libertà con cui Schiano operava. Vogliono, in sostanza, capire come mai nessuno si sia accorto dell’attività parallela, e illecita, che svolgeva da parecchio tempo. Il dubbio è che altri fossero a conoscenza del dossieraggio sistematico, ma che lo avrebbero coperto. Maresciallo da un paio d’anni, dopo aver superato un concorso interno, era passato alla Dia di Lecce dal comando provinciale, su richiesta esplicita di un suo superiore, che lo avrebbe voluto con sé. I suoi compiti, attività illecita a parte, non erano operativi ma piuttosto logistici, impiegato come autista o in ufficio. Avrebbe avuto, in sostanza, parecchio tempo libero ma poche motivazioni per entrare nel data base di tutte le forze dell’ordine nazionali.

Un’abitudine ormai radicata nel tempo, se si considera che gli accessi monitorati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese risalgono negli anni e sono molteplici. Lo stesso Calamucci, registrano le microspie dei carabinieri mentre ne parla con Cornelli, è preoccupato: “Sì, sì, so, è per capire!”, “No, anche perché, prima che magari fa… come si dice? Pesca da più serbatoi e allora non va bene con… la politica nostra!”. Per questo, riportano gli atti, Cornelli a febbraio prende un treno per Lecce per parlare de visu con il maresciallo Schiano e capire se il loro sistema fosse blindato.

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