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Medici di famiglia, in Italia ne mancano 5.500: l'”emorragia” maggiore in Sardegna e Puglia

In Italia mancano oltre 5.500 medici di medicina generale e sempre più cittadini faticano a trovare un medico di famiglia, soprattutto nelle regioni più grandi.

È quanto emerge da un rapporto diffuso dalla Fondazione Gimbe in cui è spiegato che a fronte di migliaia di pensionamenti, 7.300 previsti entro il 2027, il numero di giovani professionisti che scelgono di diventare medici di famiglia continua a diminuire.

Dall’analisi emerge inoltre che nel 2024, in particolare, non sono state assegnate il 15% delle borse di studio per medici di famiglia, con punte di oltre il 40% in 6 regioni. Il tutto mentre l’invecchiamento della popolazione aumenta i bisogni di assistenza: gli over 80 sono triplicati in 40 anni e più della metà sono affetti da due o più malattie croniche.

Sardegna, Puglia e Calabria perdono più medici di famiglia

Il rapporto fotografa inoltre il calo dei medici di famiglia registrato dal 2019 al 2023: -39% per la Sardegna, -25,8% per la Puglia, -20,9% per la Calabria e -16,7% per l’Abruzzo. Solo la Provincia Autonoma di Bolzano registra un aumento, seppur contenuto (+1%). Lieve la diminuzione nelle Marche (-1,7%) e nella Provincia Autonoma di Trento (-3,3%) .

«L’allarme sulla carenza dei medici di famiglia riguarda ormai tutte le Regioni – osserva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – e affonda le radici in una programmazione inadeguata che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Negli ultimi anni poi la professione ha perso sempre più attrattività, rendendo oggi spesso difficile per i cittadini trovare un medico di medicina generale vicino a casa, con conseguenti disagi e rischi per la salute, soprattutto per anziani e persone fragili».

Per Cartabellotta «il timore è che dalla mancata programmazione il problema si sia spostato sulla scarsa attrattività della professione. Il rischio concreto è lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorare la qualità dell’assistenza territoriale e compromettere la salute delle persone, soprattutto dei più anziani e fragili. Oltre, ovviamente, a legittimare il flop della riforma prevista dal Pnrr, per la quale abbiamo indebitato le generazioni future».

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