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Il calcio italiano non ha capito Gnonto: dentro la crisi di un movimento che considera i giovani plusvalenze

La Nazionale è morta, viva la nuova Nazionale. Neanche il tempo di elaborare il lutto per la fine del calcio italiano, umiliato dalla Macedonia e affondato sotto i colpi, e i tocchi, dell’Argentina, che siamo già ai canti di gioia per il “Risveglio”. Un anno fa di questi tempi si parlava di Rinascimento, oggi siamo…

La Nazionale è morta, viva la nuova Nazionale. Neanche il tempo di elaborare il lutto per la fine del calcio italiano, umiliato dalla Macedonia e affondato sotto i colpi, e i tocchi, dell’Argentina, che siamo già ai canti di gioia per il “Risveglio”.

Un anno fa di questi tempi si parlava di Rinascimento, oggi siamo punto e a capo, aggrappati a nomi nuovi, sperando sia la volta buona e non l’ennesimo fuoco di paglia. È l’Italia di Pobega, Scamacca e Raspadori. È l’Italia, soprattutto di Gnonto. Un film già visto: la Nazionale affonda e si spera che da un giorno all’altro arrivi un salvatore, un nuovo talento pronto a trascinare la squadra verso nuovi successi. Da Balotelli in poi però, non ne abbiamo imbroccato uno. E quando ci siamo ritrovati tra le mani talenti puri (Zaniolo e Chiesa gli ultimi), questi si sono fermati per infortunio, contribuendo indirettamente alle sfortune azzurre.

La verità però forse è un’altra: il calcio italiano non ha capito niente. Dal 2010 in poi, quando la nazionale campione del mondo guidata da Marcello Lippi uscì mestamente ai giorni, nulla è migliorato. Semmai è andata sempre peggio. Tante parole, invece. Richieste di riforme, progetti di stadi mai costruiti, se non nei sogni. E il calcio italiano è finito sempre più in basso, senza un minimo di progettualità.

Wilfired Gnonto per sua fortuna, il calcio italiano lo ha capito. Per questo se ne è andato. Aveva una casa sicura, l’Inter, giá pronta a mandare il promettente diciassettenne in giro per l’Italia, o per l’Europa per farlo “crescere”, ovvero racimolare qualche minuto che gli facesse aumentare il valore, per tramutare il talento cristallino in plusvalenza, con cui magari sistemare il bilancio.

«Dateci responsabilità», ha detto il giovane azzurro a fine gara, aggiungendo: «A questa età si deve giocare». Ma l’Italia non è un paese per giovani. Per questo lui ha rifiutato un contratto dall’Inter e ha scelto di prendere il destino dalle corna, emigrando giovanissimo, in Svizzera, a Zurigo, dove ha sentito la fiducia di un club che ha puntato su di lui. Cinquantanove partite e nove gol segnati che hanno attirato l’attenzione del ct Roberto Mancini, novello don Chisciotte pronto a lottare da solo contro un sistema. E speriamo che vinca lui. Perchè se fosse per il sistema, Gnonto oggi sarebbe in prestito chissà in quale categoria, a farsi le ossa e ad accrescere il suo valore. Per diventare una bellissima plusvalenza.

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