Sono almeno 128 le vittime e 200 i dispersi a causa del rogo che si è sviluppato ad Hong Kong, nel primo pomeriggio del 26 novembre, nel complesso residenziale Wang Fuk Court al distretto di Tai Po. L’incendio che ha devastato sette degli otto grattaceli residenziali è stato spento solo dopo 48ore.
Al momento, secondo la testata Hong Kong Free Presse, ci sarebbero otto le persone arrestate con l’accusa di corruzione legata al maxi processo di ristrutturazione da 330 milioni di dollari di Hong Kong, in corso quando le fiamme hanno avvolto le abitazioni.
Tra gli arrestati figurano due direttori di una società di consulenza edile, due supervisori dei lavori di manutenzione, tre subappaltatori specializzati nelle impalcature in bambù e un intermediario. Gli agenti dell’ICAC, la Commissione indipendente contro la Corruzione, hanno perquisito tredici sedi tra uffici e abitazioni, sequestrando documenti tecnici e registri bancari. Già il giorno precedente la polizia aveva fermato tre dirigenti della Prestige Construction & Engineering, responsabile dei lavori, con l’accusa di omicidio colposo.
Secondo le prime verifiche, le fiamme avrebbero avuto origine nella rete che avvolgeva i ponteggi dei piani bassi, per poi risalire rapidamente a causa dei pannelli di polistirolo installati all’esterno delle finestre, materiali ritenuti altamente infiammabili e non conformi agli standard di sicurezza antincendio. I vigili del fuoco hanno impiegato oltre 40 ore per domare completamente il rogo, mobilitando più di duemila operatori.
Il governo ha annunciato controlli immediati su altri cantieri e un sostegno economico alle famiglie colpite: 200mila dollari di Hong Kong per ogni vittima e 50mila come sussidio di emergenza. Intanto, proseguono le ricerche dei dispersi e l’identificazione delle vittime di una tragedia già considerata una delle peggiori nella storia recente della città.