Il principe Harry è di nuovo nella bufera, stavolta per le attività dell’associazione benefica da lui fondata in omaggio alla madre Diana: la presidente della charity Sentebale, Sophie Chandauka, lo accusa di “molestie e bullismo su larga scala” dopo che lui e diversi altri membri hanno lasciato l’organizzazione all’inizio della settimana. Secondo Chandauka, Harry sarebbe responsabile di una campagna contro la presidente per la quale ha “scatenato la macchina delle pubbliche relazioni dei Sussex”.
Parlando a Sky, la presidente della charity Sentebale ha affermato: “L’unico motivo per cui sono qui è che martedì il principe Harry ha autorizzato la diffusione di una notizia dannosa al mondo esterno senza informare me, i direttori nazionali o il direttore esecutivo”. Le dimissioni del duca di Sussex, figlio del re britannico Carlo III e fratello dell’erede al trono William, avrebbero avuto “un impatto devastante su di lei e sulle 540 persone che lavorano per Sentebale”. Definendo Harry il “rischio numero uno” per l’organizzazione, la presidente ha affermato anche che il principe nominava membri del consiglio senza consultarla, cercando anche di “estrometterla” dal Sentebale. Ma una fonte vicina agli ex membri del consiglio di amministrazione della charity ha definito “completamente infondate” le accuse di Chandauka, negando qualsiasi forma di bullismo o campagne diffamatorie orchestrate da Harry.
Martedì scorso il principe Harry aveva annunciato le sue dimissioni da patrono dell’associazione, fondata nel 2006 in onore di sua madre, la principessa Diana, per aiutare i giovani in Africa colpiti dall’Hiv e dall’Aids. Nel comunicato il principe Harry aveva spiegato di essere stato costretto a dimettersi “in sostegno e solidarietà” con il consiglio di amministrazione, che a sua volta aveva abbandonato l’incarico perché in contrasto con la presidente. Chandauka aveva replicato affermando che alcune persone “si comportano come se fossero al di sopra della legge, maltrattano gli altri e poi si fanno passare per vittime”. La vicenda ha anche portato a un’indagine della Charity Commission britannica.