La crisi in Medio Oriente vive ore decisive. Hamas ha annunciato di accettare l’ultima proposta di cessate il fuoco mediata da Egitto e Qatar, dichiarando di aver «anteposto l’interesse nazionale» e accettato le garanzie fornite dagli Stati Uniti. «Speriamo che questa proposta ponga fine alla guerra e allevi le sofferenze della popolazione di Gaza», ha affermato il portavoce Taher al Nunu.
La palla ora è nel campo israeliano, che però appare diviso: il ministro delle Finanze Smotrich ha respinto l’idea di una tregua parziale, mentre il premier Netanyahu insiste che ogni accordo debba prevedere il rilascio degli ostaggi.
Sul terreno la violenza non si ferma. Dall’alba di oggi almeno 21 palestinesi sono stati uccisi da raid israeliani, tra cui bambini e sfollati in tende a Khan Younis e Deir el-Balah. Secondo le autorità locali, dall’inizio dell’offensiva israeliana nell’ottobre 2023 i morti a Gaza hanno superato quota 62 mila. Nel frattempo il ministero della Sanità di Gaza ha riferito di tre anziani deceduti per fame nelle ultime 24 ore, confermando una crisi umanitaria sempre più grave.
Israele dichiara di aver fatto entrare ieri 370 camion di aiuti attraverso Kerem Shalom e Zikim, mentre altri paesi, dal Marocco a Cipro, hanno inviato tonnellate di cibo e medicinali. Restano tuttavia gravi difficoltà nella distribuzione. Intanto in Israele cresce la pressione interna: milioni di cittadini hanno scioperato in questi giorni chiedendo un accordo per il rilascio degli ostaggi e a Tel Aviv nuove proteste hanno bloccato l’autostrada Ayalon.
Sul piano diplomatico si registrano tensioni con l’Australia, dopo che Netanyahu ha definito il premier Anthony Albanese «un politico debole» per il riconoscimento di uno Stato palestinese. All’Onu, intanto, è iniziato il dibattito sul futuro delle forze di pace in Libano, mentre i dati rivelano che il 2024 è stato l’anno più sanguinoso per gli operatori umanitari, con 383 vittime.