Guida per 20 ore per far nascere suo figlio al sicuro. La storia di Uliana, fuggita dall’Ucraina al sesto mese

Fugge dall’Ucraina e guida per 20 ore al sesto mese di gravidanza per far nascere il bimbo, che porta in grembo, lontano dalla guerra.

A mettersi al volante e percorre più di 1.700 chilometri, quelli che separano la città di Ivano-Frankivs’k da Foligno, era stata nelle ore successive all’invasione russa, Uliana Pavelik, 33 anni e già mamma di Sofia di 10, anche lei arrivata in Italia. A raccontare all’Ansa questa storia, in cui si mescolano coraggio e disperazione, è la stessa donna che nel frattempo ha dato alla luce Maxim, il 14 maggio presso l’ospedale di Foligno.

A fare da sfondo all’intervista è il parco cittadino dei Canapè, mentre il bimbo dorme nella culla e Sofia gioca sull’altalena. «A ripensarci oggi – racconta Uliana, medico gastroenterologo – essermi messa al volante della mia piccola auto, assieme alla mia figlia e con Maxim nella pancia è stato un atto quasi eroico e folle, ma avevo il dovere di far nascere mio figlio in un posto sicuro. Per altro – aggiunge sorridendo – ho iniziato a guidare soltanto un anno fa».

Ma adesso Uliana ha un solo desiderio. «Tornare quanto prima in Ucraina, perché Maxim deve conoscere il suo papà Igor» afferma. «Appena saranno pronti tutti i documenti per far uscire dall’Italia il bimbo – racconta Uliana – ripartiremo verso la nostra casa, anche se nel viaggio di ritorno non guiderò io, ma cercherò qualcuno che mi possa accompagnare. Questa volta con me non c’è solo Sofia, ma anche un neonato a cui badare».

«Se ho paura ritornare nella guerra? Sì – risponde la donna -, la preoccupazione c’è, ma è più forte il desiderio di tornare da mio marito e dalla mia famiglia. Posso solo sperare che il conflitto finisca presto«. Uliana pensando al futuro, immagina anche a quando racconterà di tutto questo a Maxim. «Gli spiegherò tutto – dice – a iniziare che per un errore di trascrizione lui si chiama Massimo e quindi porta un nome italiano, ma soprattutto gli racconterò di tutte quelle persone che qui in Italia ci hanno aiutato, a iniziare dal personale sanitario che l’ha fatto nascere. Una dedica speciale la voglio dedicare proprio ai medici, agli infermieri di questa città che sono stati eccezionali. Pensi – tiene a sottolineare – una ginecologa per aiutarmi a partorire aveva imparato anche alcune parole in ucraino, una cosa che non dimenticherò mai».

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