Sono passati mille giorni dal 20 febbraio 2022, giorno in cui la Russia di Vladimir Putin invase l’Ucraina, in quella che da allora Mosca chiama “operazione militare speciale”. L’obiettivo di annettere velocemente le regioni del Donbass, come nel 2014 era stato fatto con la Crimea, è fallito a causa della strenua resistenza ucraina, sostenuta fin dall’inizio dagli alleati occidentali della Nato e dell’Unione europea. Kiev, fra i primi obiettivi come il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è stata colpita da allora da oltre 2.500 fra missili e droni, un bilancio diffuso proprio in occasione della ricorrenza.
La resistenza
«L’Ucraina non si sottometterà mai agli occupanti e l’esercito russo sarà punito per aver violato il diritto internazionale», ha fatto sapere ieri il ministero degli Esteri del Paese, in un momento in cui, dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali Usa, le ipotesi di un accordo con Putin sono tornate di attualità.
La dottrina nucleare
Ieri il presidente russo ha firmato il decreto che aggiorna la cosiddetta “dottrina nucleare” di Mosca e consente alla Russia di usare armi nucleari contro uno stato non nucleare se supportato da potenze nucleari. La decisione è stata presa in una giornata simbolica e pochi giorni dopo l’ok degli Usa, ancora guidati dal presidente Joe Biden, all’uso di missili a lungo raggio per colpire obiettivi militari anche all’interno del territorio russo, possibilità finora negata dai fornitori delle armi. La nuova dottrina sostituisce quella in vigore dal 2014 e prevede che l’uso di armi nucleari debba essere deciso dal presidente.
Sovranità e integrità
Tra i cambiamenti principali introdotti, sottolinea l’agenzia Tass, è che la dottrina precedente prevedeva l’impiego di armi nucleari solo nel caso in cui «l’esistenza stessa dello Stato sia minacciata». Ora il concetto viene ampliato, prevedendo appunto una risposta nucleare anche ad una «minaccia critica alla sovranità e all’integrità territoriali» della Russia o della Bielorussia, sua stretta alleata. Una minaccia che provenga da un attacco sia atomico sia con armi convenzionali. Il documento prevede che ogni «aggressione da uno Stato che appartiene a una coalizione militare (per esempio la Nato, ndr) contro la Federazione Russa e i suoi alleati sarà considerata come un’aggressione da parte di tutta questa coalizione».