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Gli stipendi della Pubblica amministrazione costano allo Stato 200 miliardi di euro

Duecento miliardi di euro con un aumento del 2,3% sull’anno precedente, trainato dai rinnovi contrattuali. È la spesa del 2025 per gli stipendi della Pubblica amministrazione: a dirlo è la Corte dei Conti nella Relazione sul costo del lavoro pubblico.

Il report

La Corte evidenzia che i salari non hanno recuperato pienamente l’inflazione, segnala la necessità di valutare con attenzione l’utilizzo dello smart working e avanza anche considerazioni sull’invecchiamento della classe dei travet.

Rispetto al 2015 la spesa per i redditi dei dipendenti pubblici che tiene conto anche delle variazioni nell’occupazione, risulta in crescita del 19,4% mentre la quota dei redditi dei dipendenti pubblici sul Pil si attesta al 9% (era l’8,8% nel 2023).

Le retribuzioni contrattuali degli ultimi dieci anni (2015-2024), hanno mostrato «un andamento sostanzialmente allineato con l’inflazione, con l’eccezione degli anni 2022 e 2023», anni caratterizzati da una repentina impennata dei prezzi. Se poi si estende l’orizzonte temporale e si guarda anche al lungo periodo di blocco dei contratti per il settore pubblico, iniziato nel 2009, la Corte ammette che è stato eliminato il vantaggio che i salari pubblici avevano rispetto a quelli privati.

I redditi da lavoro

Intanto la spesa per i redditi dei dipendenti crescerà del 2,4% nel 2026, dello 0,5% nel 2027 e dell’1,7% nel 2028. La retribuzione lorda media nel 2023 era pari a 39.890 euro con gli insegnanti ancora una volta in fondo alla classifica, con 33.124 euro. Seguono gli enti locali con 33.769 euro (+3%) mentre il settore con le retribuzioni più alte è il Comparto autonomo con 52.469 euro medi (+3,6%). La retribuzione media per le Funzioni centrali è di 41.710 euro (+6%) mentre quella della sanità è di 43.883 euro (+1,8%).

La Corte segnala che a fronte dei risultati sul rallentamento della spesa ci sono stati «effetti negativi in termini di qualità del capitale umano» che, tra l’altro, «a causa del mancato ricambio generazionale durato circa un decennio, denota un invecchiamento». L’età media, infatti, si è stabilizzata al di sopra dei 50 anni. Le assunzioni di personale avvenute nel corso degli ultimi anni, anche sulla spinta del Pnrr, iniziano a invertire il trend. Tuttavia, avverte la magistratura contabile – «per poter assistere a un concreto miglioramento, sarà necessario attendere ancora alcuni anni».

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