Primo sì al ddl Nordio. Il testo di riforma della giustizia ha ottenuto il via libera dell’Aula del Senato con 104 voti favorevoli e 56 contrari. Il testo di iniziativa governativa che prevede tra le altre cose la cancellazione dell’abuso d’ufficio, modifiche al traffico di influenze illecite, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini e sulla custodia cautelare, limiti alla possibilità per i pm di ricorrere in appello in caso di sentenza di assoluzione, passa ora all’esame della Camera.
Uno degli interventi più attesi è l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Un’idea portata avanti dal ministro Nordio, convinto che il reato sia causa della cosiddetta ‘paura della firma’ che blocca l’attività dei sindaci. Il ddl interviene anche sul traffico di influenze illecite, che viene limitato a condotte particolarmente gravi, con aumento delle pene previste, che vanno da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi, e con la previsione di non punibilità se l’autore collabora con la giustizia.
C’è poi l’intervento che pone limiti alla pubblicazione delle intercettazioni, e la tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini. La pubblicazione è infatti possibile solo quando il contenuto intercettato finisca agli atti del processo e il giudice è tenuto a stralciare, oltre ai dati personali sensibili, anche quelli relativi a soggetti diversi dalle parti, a meno che non siano rilevanti per le indagini. Per tutelare anche la libertà e la segretezza delle comunicazioni tra difensore e indagato è esteso il divieto di acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria anche ad ogni altra forma di comunicazione diversa dalla corrispondenza.
Un’altra stretta riguarda l’applicazione delle misure cautelari, per le quale sarà necessario l’interrogatorio di garanzia dell’indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Si vuole dare all’indagato e al giudice un momento di interlocuzione diretta, prima di una misura cautelare, e si introduce il principio del contraddittorio preventivo nei casi in cui, per il tipo di reato o per la concretezza dei fatti, durante le indagini preliminari non sia necessario “l’effetto sorpresa” del provvedimento. Nel caso della custodia cautelare in carcere, poi, la decisione sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici. Questa disposizione, dato l’impatto sull’organizzazone dei tribunali, sarà accompagnata da un aumento di organico di 250 magistrati e la sua entrata in vigore è differita di 2 anni. Nel ddl si prevede inoltre che nell’informazione di garanzia sia contenuta una descrizione sommaria del fatto su cui si indaga e che la notifica avvenga con modalità che tutelino l’indagato e in modo da garantire la riservatezza del destinatario.
Il ddl prevede poi di ridisegnare il potere del pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado, rispettando però le indicazioni della Corte costituzionale. La limitazione alla possibilità per il pm di proporre appello non riguarda infatti i reati più gravi, compresi quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale. Si introduce infine una norma di interpretazione autentica per chiarire che il requisito di età massima fissato per i giudici popolari delle Corti d’Assise in 65 anni deve sussistere soltanto al momento della nomina. Si evita così il rischio che, in procedimenti per gravissimi reati, anche per mafia e terrorismo, siano ritenute nulle le sentenze pronunciate da Corti d’Assise nelle quali un giudice popolare abbia superato il limite di età durante il processo.
«Il nostro garantismo va in due direzioni – commenta Carlo Nordio -, la certezza della pena che non è e non deve essere sempre e soltanto in carcere infatti abbiamo ascoltato con molto interesse e stiamo studiando tutte le pene alternative ad esempio per i tossicodipendenti e anche per eventuali attenuazioni, di chi è in procinto di essere liberato per scadenza, per espiazione della pena. Il garantismo è certezza della pena ma anche enfatizzazione della presunzione di innocenza», dice il ministro al termine del voto in Senato sul ddl Giustizia. «Questo provvedimento di oggi va in questa seconda direzione, la presunzione di innocenza per noi è un sintomo di civiltà. E questo finché io sarò ministro è un principio non negoziabile».