«La separazione delle carriere è una grande occasione. Significa dare al giudice il ruolo di imparziale e terzo, diverso dalle altre parti. La stessa distanza che c’è fra il giudice e l’avvocato deve esserci fra il giudice e il pubblico ministero». A spiegarlo è il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che intervenendo a un evento dedicato al tema a Bari, spiega che si tratta di «un problema culturale, non è un problema statistico: si tratta proprio di due Dna diversi. E credo che il cittadino abbia diritto di avere anche sul campo della giustizia un arbitro che non appartiene a nessuna delle città delle due squadre, che sia completamente diverso. La metafora calcistica rende l’idea dell’assoluta logicità anche costituzionale».
Se per «qualcuno» si tratta di «una riforma punitiva» per Sisto non è «assolutamente» così: «È soltanto ricognitiva di quello che è già in Costituzione».
Rispondendo a una domanda sulle polemiche legate alla separazione delle carriere, sottolinea: «Dicevo ieri in un dibattito a Milano con Giuseppe Santalucia [presidente dell’Anm, ndr] che c’è bisogno di una sorta di azzeramento e ripartenza per dare un po’ più di affidabilità alla giustizia. Il cittadino deve riacquistare la certezza che, quando entra in un’aula e non ha commesso nulla, non gli può accadere alcunché. Cosa che oggi magari ha qualche difficoltà come principio ad essere percepito come tale», conclude.