Ho conosciuto Gianni Morandi nel 1967 e direi che da allora siamo diventati subito amici. Purtroppo non ci siamo frequentati come avremmo voluto: il lavoro, la famiglia, io a Cellino lui a Bologna, viaggi, aerei, la vita di noi cantanti a volte è troppo movimentata per vivere fino in fondo le amicizie. Ma con Gianni c’è sempre stata una grande solidarietà, una grande stima, e abbiamo molte, molte cose in comune a partire dalle nostre origini.
Forse non è un caso che per anni io abbia insistito per fare un tour insieme a lui e a Massimo Ranieri: siamo figli del proletariato, della gente che lavora, e non ci siamo mai dimenticati delle nostre origini e della nostra famiglia. A Sanremo 2023, poi, siamo riusciti almeno per una sera a realizzare quel mio sogno: cantare tutti e tre insieme le nostre canzoni.
La passione per la musica
In tutti questi anni sia io sia Gianni abbiamo fatto la stessa cosa: abbiamo cantato le nostre origini, la nostra storia, i nostri sentimenti, senza mai tradire e soprattutto sempre apprezzando da dove siamo venuti. Lui da Monghidoro, figlio di un ciabattino, un padre semplice, ma importante. Io figlio di Carmelo, che mi diceva, quando gli parlavo della mia aspirazione a cantare, «Zappa, zappa». Poi, sia lui sia io siamo partiti per il mondo e siamo tornati con una parola che ci avevano insegnato i nostri genitori e che non abbiamo mai abbandonato: “Grazie”. Non è un caso che quando ho iniziato a produrre vino a Cellino la prima bottiglia l’ho chiamata Don Carmelo, che rimane il mio vino del cuore.
La famiglia
E anche il cuore di Gianni è occupato da grandi sentimenti, non solo per i figli, per la moglie Anna, ma anche per chi l’ha amato nella sua vita, in questi meravigliosi ottant’anni. Mi ricordo tanti anni fa che abbiamo raccontato la storia delle nostre famiglie in un programma che lui conduceva e avevano invitato quel che restava delle nostre famiglie: per me c’era mia madre Jolanda e lui aveva invitato una sua zia. Morandi con sua zia cantava “Bandiera rossa” e io di rimando con mia madre cantavo “O bianco fiore”. Non era certo uno scontro politico, era più che altro invece l’unione tra due Italie.
Mi ricordo che in quell’occasione lui cantò “Il ragazzo che sorride”, uno dei miei primi grandi successi, e io di rimando cantavo “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”. Per ridere poi, perché Morandi è molto spiritoso e ironico, lui faceva finta di cantare in playback, ma senza fiatare, mentre io da dietro cantavo veramente. Ci siamo divertiti tantissimo in quell’occasione. Ma con Gianni ci si diverte anche quando non lavoriamo. Lui ed Anna sono venuti anche ospiti a casa mia a Cellino San Marco, e Anna e Loredana hanno fatto subito amicizia.
Le difficoltà
Abbiamo passato anche dei periodi difficili, perché verso la fine degli anni ‘60 tutti i cantanti che avevano fatto “Canzonissima” come me e come lui erano stati messi al bando, un momento veramente difficile: ci avevano osannato fino all’anno prima, poi, improvvisamente eravamo di troppo, bistrattati, ignorati, direi addirittura disprezzati. Io allora andai in Spagna a lavorare e riuscii a superare quel momento.
Allora Gianni, in questo è stato veramente grande, ha iniziato a studiare musica, si è iscritto al conservatorio Santa Cecilia di Roma, davvero ammirevole per grinta, determinazione e amore per la musica. E nel giro di qualche anno è tornato al successo riconfermandosi uno dei più grandi artisti italiani, e nel tempo tutti hanno capito il suo enorme valore, che fa parte della storia della musica italiana, del passato e rimane importantissimo nel presente.
Le vite parallele
Le nostre sembrano due vite parallele: un grande amore, lui per Laura Efrikian, due figli, io con Romina, quattro figli, poi i matrimoni hanno preso altre strade, e lui ha avuto ancora un figlio con Anna, e io Jasmine e Bido con Loredana. Non solo, ma così come Jasmine ha deciso di cantare e di fare l’artista, anche il suo ultimo figlio Pietro ha intrapreso la strada del padre, come già aveva fatto suo fratello maggiore Marco. E sia Jasmine sia Pietro non ci hanno mai chiesto un aiuto. Pietro è diventato un rapper ed è anche apprezzato con il nome di Tredici Pietro e Jasmine ha iniziato la sua strada, ma mai una volta che o l’uno o l’altra ci abbiano chiesto un aiuto.
Sono fatti così i giovani che valgono: cercano di camminare con le loro gambe. Concludo sottolineando e ripetendo che per Gianni io ho un grande rispetto, non lo vedo quanto vorrei, anzi ci vediamo proprio raramente, ma lo considero davvero un fratello. Auguri, fratello, per questi tuoi ottant’anni e per la leggerezza e la bellezza della tua anima, che rimangono quelle del ragazzo di Monghidoro che è rimasto dentro di te.