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Gender gap in Italia, per le donne il Paese cambia troppo lentamente

Il Gender Gap Report 2025 dell’Osservatorio JobPricing, giunto alla sua undicesima edizione, offre una panoramica dettagliata sulle differenze che ancora segnano il mercato del lavoro italiano.

I dati rispetto al mondo

L’analisi parte dal confronto internazionale: secondo il World Economic Forum, l’Italia rimane nella fascia bassa delle classifiche globali, collocandosi al 117° posto per valorizzazione politica delle donne e all’85° per partecipazione economica, pur ottenendo risultati elevati in istruzione e salute. Anche l’indice Eige (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere) conferma un quadro solo parzialmente positivo, con un punteggio di 70,4 che vale il 14° posto nell’Unione Europea.

Più istruite, meno pagate

Sul fronte dell’istruzione, il dato più evidente riguarda il sorpasso femminile: le donne sono oggi più istruite degli uomini, con una quota crescente di laureate. Tuttavia, la scelta dei percorsi formativi continua a fare la differenza. Le facoltà Stem – acronimo inglese che sta per Science (Scienza), Technology (Tecnologia), Engineering (Ingegneria) e Mathematics (Matematica) – restano appannaggio prevalentemente maschile, mentre le donne si concentrano in settori come psicologia, educazione, lingue e sanità, spesso meno retribuiti. Questo squilibrio si riflette in modo diretto anche sul mercato del lavoro.

L’Italia continua infatti a mostrare un forte divario nell’accesso all’occupazione. Il tasso di inattività femminile rimane elevato e il part-time è utilizzato soprattutto dalle donne, che accumulano anche quasi trenta ore alla settimana di lavoro non retribuito, contro le sette degli uomini. Le differenze emergono chiaramente lungo tutta la scala delle carriere: le donne rappresentano appena il 19% dei dirigenti e il 31% dei quadri, mentre diventano maggioranza solo tra gli impiegati e restano una minoranza tra gli operai. Un’eccezione virtuosa si registra nei consigli di amministrazione delle società quotate, dove la presenza femminile ha raggiunto il 43%, risultato possibile grazie alla normativa sulle quote di genere.

Gli stipendi

Il nodo retributivo resta uno dei più critici. Il gender pay gap in Italia si mantiene stabile al 7,2% sulla retribuzione annua lorda e all’8,6% sulla retribuzione annua globale. Il divario cresce con l’aumentare del livello di istruzione, arrivando al 18,5% tra i laureati e superando il 18% tra i possessori di titoli post-laurea. Il differenziale è ancora più marcato nella componente variabile della retribuzione: i bonus medi percepiti dagli uomini superano di oltre 600 euro quelli delle donne e incidono maggiormente sul totale dello stipendio.

Anche la distribuzione delle professioni mostra forti squilibri. I settori con i divari più ampi sono assicurazioni, consulenza legale e fiscale, telecomunicazioni, mentre in ambiti come edilizia e oil & gas si registrano retribuzioni femminili superiori, un dato però legato alla presenza molto limitata di donne in quegli ambiti. A livello professionale, le differenze retributive sono più elevate nelle vendite e nell’amministrazione, finanza e controllo.

L’insoddisfazione

Dal report emerge anche un indicatore meno tangibile, ma altrettanto significativo: la soddisfazione sul lavoro. Le donne si dichiarano meno soddisfatte degli uomini, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza retributiva e la percezione di meritocrazia. Nella scelta di un impiego attribuiscono maggiore importanza alla flessibilità, ai servizi di welfare aziendale e allo smart working, segno che i carichi di cura continuano a pesare più su di loro.

Il quadro mostrato dal Gender Gap Report 2025 evidenzia un Paese in cui le donne avanzano grazie ai progressi nell’istruzione e a un lento aumento della rappresentanza nei vertici aziendali, ma continuano a scontrarsi con ostacoli strutturali che frenano il pieno utilizzo del loro potenziale. L’Italia migliora, ma troppo lentamente: la parità resta un obiettivo lontano e possibile solo con un cambio di passo deciso nelle politiche di equità, nei percorsi formativi e nelle strategie aziendali.

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