La tregua tra Israele e Hamas resta molto fragile, mentre sul terreno si alternano segnali di distensione e nuovi episodi di violenza. A Kiryat Gat, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha ribadito che «non esiste un piano B oltre a quello di Trump», sottolineando che la “fase due” dell’accordo — il disarmo di Hamas e la futura amministrazione di Gaza — sarà complessa ma possibile. Rubio ha espresso ottimismo, pur ammettendo che «sarà un lungo viaggio, con alti e bassi».
Intanto, Israele si prepara a ricevere altre due salme di ostaggi, mentre fonti militari confermano l’uccisione in Libano di Abbas Hassan Karki, capo della logistica di Hezbollah, in un raid aereo. Sulla scena diplomatica, Erdogan promette che «Gaza si rialzerà di nuovo», annunciando l’impegno turco e dei Paesi del Golfo nella ricostruzione.
Le cifre della devastazione restano drammatiche: secondo l’ONU, oltre 61 milioni di tonnellate di detriti coprono la Striscia, pari a 170 volte il peso dell’Empire State Building, con quasi l’80% degli edifici distrutti. L’Oms stima in 7 miliardi di dollari il costo per ricostruire il sistema sanitario. Medici Senza Frontiere denuncia una «tempesta perfetta» per epidemie, aggravata dall’inverno e dalla mancanza di acqua e rifugi.
Sul piano politico, l’Unione Europea tenta di ritagliarsi un ruolo più incisivo nel processo di stabilizzazione, mentre Washington valuta un nuovo piano umanitario basato su centri di riconciliazione e amnistia per i miliziani. Ma in Cisgiordania continuano le aggressioni dei coloni israeliani contro i contadini palestinesi, e la tensione rimane alta. La tregua regge solo sulla carta, mentre Gaza — tra speranze di ricostruzione e ferite ancora aperte — resta il simbolo di un conflitto senza pace.