La tregua tra Israele e Hamas resta estremamente fragile, minacciata da una serie di violazioni e incidenti che hanno riportato la violenza nella Striscia di Gaza. Secondo fonti locali nelle ultime 24 ore, i raid israeliani hanno provocato oltre 100 morti, tra cui 46 bambini e 20 donne, e almeno 253 feriti intrappolati sotto le macerie. L’Idf ha confermato di aver colpito un deposito di armi a Beit Lahia, definendo l’azione un intervento mirato per eliminare una «minaccia terroristica imminente».
La tregua, in vigore dal 10 ottobre, è stata interrotta da nuovi scontri e con la morte di un soldato israeliano nella zona di Rafah. Il ministro della Sicurezza israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato il governo di Netanyahu: «Se non smantella Hamas, il governo non ha ragione di esistere». Parallelamente, il ministro della Difesa Israel Katz ha ribadito che nessun leader di Hamas godrà di immunità, sottolineando che decine di comandanti sono stati eliminati nelle recenti operazioni.
L’Onu, attraverso il segretario generale Antonio Guterres, ha condannato gli attacchi israeliani e invitato tutte le parti a rispettare la tregua e a proteggere i civili. La Turchia e altri paesi mediorientali hanno denunciato violazioni della tregua, mentre il presidente Usa Donald Trump ha ribadito che la tregua non è in pericolo. Il conflitto resta intricato e doloroso: la distruzione della vita quotidiana a Gaza, l’interruzione dei servizi sanitari e la questione degli ostaggi rendono evidente la fragilità del cessate il fuoco.
Per una pace duratura, secondo esperti e leader religiosi come il patriarca Pierbattista Pizzaballa, serviranno inclusione, giustizia e una nuova leadership politica, capace di affrontare con concretezza sia la situazione a Gaza sia la questione più ampia della Cisgiordania.









