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Fondi di Coesione, regioni e città contro la centralizzazione. Fitto: «Nessuna politica è intoccabile»

Sindaci e governatori di tutta Europa, riuniti a Bruxelles per la prima plenaria del Comitato delle Regioni, hanno levato la voce contro la proposta di centralizzare la gestione dei fondi strutturali, attualmente suddivisi in programmi regionali e nazionali.

La miccia è scattata dopo le indiscrezioni di ottobre, confermate da un documento della Commissione: l’idea di concentrare tutti i programmi in un unico contenitore nazionale, anziché nei 51 attuali (di cui una decina gestiti dai ministeri), ha scatenato le proteste degli enti locali. «Così si distrugge il principio della governance multilivello», ha tuonato Emil Boc, ex premier rumeno e sindaco di Cluj-Napoca. «Se passa il programma unico, è la fine della coesione», ha rincarato.

Il vice presidente Raffaele Fitto, dal canto suo, ha difeso l’operato della Commissione, affermando che «l’approccio place-based e la governance multilivello sono principi cardine del prossimo bilancio pluriennale». Tuttavia, ha aggiunto, «nessuna politica è intoccabile» e occorre «adattare la coesione alle nuove sfide». Un primo banco di prova sarà la revisione di medio termine dei programmi 2021-2027, prevista per marzo: «Sarà il primo passo verso il bilancio post 2027», ha spiegato Fitto.

A sostegno di regioni e città, si è schierato un gruppo di 14 Stati membri, Italia compresa, che ha inviato una lettera a Fitto e all’intera Commissione. Tre le richieste principali: mantenere il budget per la coesione almeno ai livelli attuali; confermare il criterio del Pil pro capite per la classificazione delle regioni; garantire una gestione condivisa dei fondi tra i diversi livelli amministrativi.

Ma il vero nodo cruciale è il cambio di priorità imposto dalla guerra in Ucraina. La difesa è diventata la priorità assoluta e la Commissione sta cercando di recuperare risorse da diversi settori, inclusa la politica di coesione. Sebbene non sia possibile finanziare direttamente operazioni militari con fondi Ue, si aprono spiragli per l’utilizzo in progetti “dual use” (civili e militari) e, come emerso da un parere del Servizio giuridico, persino per il sostegno all’industria della difesa. Un cambio di prospettiva radicale, che potrebbe stravolgere gli equilibri e le finalità della politica di coesione.

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