La premier Giorgia Meloni non ha partecipato alla direzione nazionale di Fratelli d’Italia ieri mattina delegando sua sorella Arianna a sottolineare chi è la leader: «È il nostro Frodo e noi siamo la Compagnia dell’Anello. L’anello è pesante, dobbiamo aiutarla nella fatica di portarlo senza mai indossarlo», ha detto la responsabile del partito.
Mentre il capo dell’organizzazione, Giovanni Donzelli, ha riassunto lo stato di salute di Fdi: «con le campagne che stiamo portando avanti, con i risultati ottenuti in questi due anni di governo e di quanto le previsioni della sinistra fossero completamente errate».
Oltre a fare il punto su passato e futuro, il vertice è stata l’occasione per affrontare alcuni dei temi dell’agenda politica e giudiziaria. Tra cui, la questione dei migranti in Albania, la comunicazione ricevuta dalla premier Meloni e dai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano dalla Procura di Roma, la riforma della giustizia.
Il caso Santanchè
Anche la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, era presente allo spazio eventi in via Margutta a Roma. Un gesto che testimonia la volontà di non mollare, dopo le vicende giudiziarie. Dopo le relazioni introduttive, gli interventi a partire da quelli dei ministri hanno avuto come motivo conduttore la crescita di Fdi anche alla luce dei recenti sondaggi: «quando abbiamo vinto le elezioni, in molti dipingevano un futuro disastroso per l’Italia: si parlava di isolamento internazionale, di spread fuori controllo, di capitali esteri in fuga.
Due anni dopo, la realtà è completamente diversa», ha detto il titolare delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Mentre, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha sottolineato «l’importanza del legame tra il partito e il territorio, evidenziando il ruolo di Fratelli d’Italia come forza politica profondamente radicata e vicina ai cittadini».
Lo scontro con magistrati
Sul questione della magistratura nella gestione dei migranti in Albania sono invece intervenuti i capigruppo alla Camera e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan: «Tutti e cinque i giudici che hanno firmato i provvedimenti della Corte d’Appello provengono dalla Sezione del Tribunale di Roma e risultano ancora presenti sul portale pubblico di Giustizia.
Il governo e il Parlamento hanno trasferito la competenza alla Corte d’Appello proprio per evitare che la questione restasse nelle Sezioni specializzate del Tribunale, ma attraverso un provvedimento del presidente della Corte, gli stessi magistrati sono riusciti a mantenere il controllo della vicenda». Lo scontro tra i poteri dello Stato per ora non è destinato a cessare.