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Draghi avverte l’Ue: «Non solo i dazi Usa, si sta autolimitando»

«Le ultime settimane ci hanno ricordato le vulnerabilità dell’Europa. La zona euro è cresciuta a malapena alla fine dello scorso anno, sottolineando la fragilità della ripresa interna. Inoltre, gli Stati Uniti hanno iniziato a imporre dazi sui loro principali partner commerciali, mettendo nel mirino anche l’UE.

Questa prospettiva getta ulteriore incertezza sulla crescita europea, data la dipendenza dell’economia dalla domanda estera». Così l’ex presidente Bce ed ex premier Mario Draghi in un editoriale sul Financial Times.

«Due fattori importanti hanno portato l’Europa in questa situazione difficile, ma possono anche portarla fuori se è disposta a cambiare radicalmente» spiega. Il primo è l’incapacità di lungo corso dell’Ue di «di affrontare i suoi vincoli di fornitura, in particolare le sue elevate barriere interne e gli ostacoli normativi» barriere che sono «molto più dannose per la crescita» di qualsiasi dazio possa arrivare dagli Usa, e i cui effetti nocivi stanno aumentando.

Allo stesso tempo, «l’Ue ha permesso alla regolamentazione di intralciare la parte più innovativa dei servizi – il digitale – ostacolando la crescita delle imprese tecnologiche europee e impedendo all’economia di sbloccare grandi guadagni di produttività.

Si stima, ad esempio, che i costi di adeguamento al Gdpr abbiano ridotto i profitti delle piccole imprese tecnologiche europee fino al 12%». Di fatto «l’Europa ha aumentato le tariffe all’interno dei propri confini e ha incrementato la regolamentazione di un settore che rappresenta circa il 70% del PIL dell’UE».

Per Draghi «il secondo fattore che frena l’Europa è la tolleranza a una domanda persistentemente debole, almeno a partire dalla crisi finanziaria globale del 2008. Questo ha esacerbato tutti i problemi causati dalle limitazioni dell’offerta».

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