Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha risposto nel corso del question time in Senato sull’inchiesta dei dossieraggi, spiegando che «all’esito di controlli da parte della Polizia non risulta la compromissione dell’infrastruttura del Ced presso il Viminale», annunciando allo stesso tempo «severità sui comportamenti illeciti e anche sulle complicità» dopo che si erano diffuse notizie in merito all’acquisizione di dati, da parte della rete di spionaggio, del Centro anticrimine informatico della Polizia postale.
L’inchiesta
Le indagini di Milano, ma anche quelle che nel recente passato hanno evidenziato attività illecite finalizzate al dossieraggio, ha detto sempre Piantedosi, «pongono il tema della gravità di comportamenti di chi potrebbe utilizzare dati illecitamente acquisiti, non solo per scopo di lucro, ma anche per attaccare gli avversari politici alterando le regole della democrazia». Intanto Giuliano Schiano, il militare della Guardia di Finanza sospeso con misura cautelare nell’inchiesta in corso presso la Procura di Milano, si è avvalso della facoltà di non rispondere: «È stata un’esigenza dettata dalla grande mole di atti investigatici – hanno spiegato i legali Floriana De Donno e Giuseppe Talò – gran parte dei quali non sono ancora di nostra conoscenza». Insieme al finanziere anche altri indagati, costretti agli arresti domiciliari, hanno fatto scena muta davanti al gip Fabrizio Filice, l’ex poliziotto Carmine Gallo, l’esperto informatico Samuele Nunzio Calamucci, Giulio Cornelli e Massimiliano Camponovo. Anche per loro le difese attendono di avere tutti gli atti dell’indagine e solo dopo qualcuno potrebbe farsi sentire dal pm Francesco De Tommasi per dimostrare la propria estraneità ai fatti.
Le ammissioni
Intanto, arrivano dal poliziotto Marco Malerba le prime ammissioni, con risposte davanti allo stesso gip, che coordina l’inchiesta sui presunti dossieraggi. «Sì, facevo gli accessi abusivi per i dati, nell’ambito di un rapporto di scambio di favori»: è quanto avrebbe detto l’indagato al giudice. Favori che, a suo dire, gli venivano richiesti «dal suo capo», ossia Carmine Gallo. Lo stesso che, annunciando il suo silenzio davanti al gip, ha sottolineato: «Sono un servitore dello Stato, parlerò davanti al pm per dimostrare la mia innocenza». Così come altre crepe nel muro di silenzio alzato dagli indagati arrivano dall’investigatore privato Massimiliano Camponovo il quale afferma di essere «preoccupato e di temere per l’incolumità della famiglia. Avevo percepito che dietro questo sistema ci fosse qualcosa di oscuro, a un certo punto sono stato al mio posto, mi passavano i dati e facevo i report», ha detto in fase di dichiarazioni spontanee. Questo mentre la stessa Procura ha chiesto al Tribunale del riesame l’inasprimento delle misure cautelari per i quattro già agli arresti e per altri indagati.