Può un’azienda che denuncia una presunta frode essere considerata concorrente nello stesso reato? È un paradosso, certo, eppure è proprio ciò che è successo a Ladisa srl. La posizione di cinque esponenti della società barese, attiva nel settore della ristorazione collettiva, sono al vaglio della Procura di Milano insieme – paradosso nel paradosso – ai vertici di Compagnia Olearia Italiana che è proprio il fornitore nei confronti del quale Ladisa aveva precedentemente presentato una denuncia-querela alla magistratura.
La vicenda
Secondo la Procura di Milano, l’olio servito da Ladisa nelle mense milanesi di Polizia di Stato ed Esercito non sarebbe quello indicato nel capitolato d’appalto. Per farlo, all’etichetta presente sulle bottiglie sarebbe stata sovrapposta col marchio Sapio, commercializzato da Compagnia Olearia Italiana. Fin qui la ricostruzione fatta dai pm con l’ausilio delle forze dell’ordine.
La verità
Qualcosa, però, non torna. Al momento dell’acquisto e della successiva distribuzione, infatti, Ladisa era completamente ignara della doppia etichetta apposta dal fornitore. Non solo: venuta a conoscenza della non conformità dell’olio a seguito di una segnalazione, la società barese ha immediatamente contestato il fatto a Compagnia Olearia Italiana, cancellandola dall’elenco dei propri fornitori, per poi ritirare le bottiglie di olio e avviare la procedura di autocontrollo.
La denuncia
Ladisa, dunque, aveva già ritirato il prodotto e preso le distanze da Compagnia Olearia Italia. Ma c’è molto di più. L’azienda barese aveva già presentato una denuncia-querela alla Procura di Bari contro Compagnia Olearia Italiana. Il motivo? Sotto l’etichetta apposta sulle bottiglie di olio acquistate dal fornitore (tra l’altro a prezzo di mercato, quindi senza nessun risparmio) Ladisa aveva scoperto una seconda etichetta recante informazioni differenti rispetto a quella sovrastante: l’adesivo occultato riportava, in lingua straniera, una scadenza e una denominazione differenti rispetto a quelle stampate sull’adesivo sovrastante. Compagnia Olearia Italiana aveva tentato di giustificarsi parlando di «mero errore di produzione».
Successivamente, i controlli eseguiti da un laboratorio esterno e da quello interno della Ladisa avevano evidenziato la presenza, nell’olio commercializzato da Compagnia Olearia Italiana, di sostanze vietate sul territorio dell’Unione europea. Di qui lo stop alle bottiglie e la denuncia per frode a Compagnia Olearia Italia da parte della Ladisa che, con tutta evidenza, è parte offesa e non certo concorrente in un presunto reato.
Gli interrogativi
La vicenda, a questo punto, suscita una serie di interrogativi. Il concorso nel reato è stato contestato soltanto alla Ladisa? Oppure anche a tutte le altre centinaia di aziende rifornite di olio da Compagnia Olearia Italiana sul territorio nazionale? E quante bottiglie di olio sono attualmente sottoposte a blocco e quante, invece, sono ancora sugli scaffali dei punti vendita oppure utilizzate per la ristorazione? Sono state effettuate tutte le verifiche del caso? Interrogativi ai quali le autorità competenti dovranno fornire una risposta in tempi rapidi.